È passato un mese da quando le forze del generale Khalifa Haftar hanno sequestrato diciotto marinai – dieci italiani – che lavoravano su quattro pescherecci partiti da Mazara del Vallo in Sicilia. Anche due pescherecci sono stati sequestrati e portati a Bengasi. Questo verbo, sequestrare, non è usato con leggerezza. Questo tipo di litigi marittimi pretestuosi di solito si risolveva con qualche ora – al massimo qualche giorno – di fermo dei pescatori, accusati di avere violato le acque territoriali libiche. Invece a questo giro è chiaro che siamo di fronte a un ricatto. Haftar vuole montare un caso diplomatico, vuole dimostrare di essere ancora forte e rilevante pur dopo la sconfitta nella guerra civile e per farlo se la prende con i bersagli più deboli, i pescatori italiani che lavorano al largo della costa.
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