La Germania che abbiamo amata è tornata tra noi. Nel 1936 Benedetto Croce su La critica, la rivista da lui diretta, pubblica un articolo intitolato proprio “La Germania che abbiamo amata”. E’ il paese della poesia, della musica, della scienza, contrapposta al nazismo razzista e barbarico. Scrive il filosofo: “Per la ricchezza e l’importanza della sua opera intellettuale, la Germania assunse, nell’immaginazione dei cercatori di verità, degli studiosi e dei dotti dell’Ottocento, la figura che Italia e Roma avevano avuto e avevano ancora pei tedeschi: paese di pellegrinaggio ideale e anche effettuale, sicché molti allora la visitarono e andarono alle sue università”. Sono parole dimenticate, anzi sepolte dal difficile, talvolta impossibile rapporto degli ultimi decenni prima tra Roma e Bonn poi tra Roma e Berlino. A lungo ha fatto scuola il sarcastico calembour di Giulio Andreotti: “Amiamo talmente la Germania che ne vogliamo due”, perché non solo lui, ma la politica italiana nel suo insieme era contraria al ricongiungimento, così come la Francia, guidata allora da François Mitterrand. Eppure a trent’anni esatti dalla riunificazione, arriva il momento di dare a Croce un altro riconoscimento postumo, perché molto sta cambiando e nel profondo. Altro che alleati, amici, anzi fratelli! Italiani e tedeschi hanno trovato un’affinità elettiva che farebbe gioire don Benedetto.
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