Roma. Durante il fine settimana i bielorussi sono scesi in strada per manifestare contro il dittatore Aljaksandr Lukashenka. Lo fanno da due mesi: marciano, cantano, protestano. Ogni fine settimana ha la sua preparazione, come ha raccontato la poetessa Julia Cimafiejeva in un articolo sul Financial Times. Anche lei e suo marito partecipano ai cortei e ogni domenica sanno che devono vestirsi con cura, potrebbero trascorrere almeno una notte in ospedale o in galera. Sanno che devono portare qualche provvista perché il corteo deve rimanere unito il più a lungo possibile e in quelle ore le persone iniziano ad avere fame e sete. Sanno che devono pulire la memoria del cellulare, perché la prima cosa che fa la polizia per trattenerti è cercare materiale compromettente nel telefono. Prima di uscire di casa bisogna annaffiare abbondantemente le piante e lasciare molto cibo agli animali perché chi esce per manifestare non sa mai quando tornerà e in quali condizioni. Lo scorso fine settimana è stato uno dei più violenti per le strade di Minsk e di altre città bielorusse, il ministero dell’Interno ha detto che sono state arrestate più di settecento persone. Gli arresti sono una pratica comune, i manifestanti sanno che la polizia attacca nel momento in cui il corteo inizia a disperdersi, anche per questo a volte le marce durano tantissimo, è come se le persone non volessero mai lasciarsi: uno rappresenta la salvezza dell’altro. Quando i manifestanti tornano a casa, vengono attaccati e domenica le immagini diffuse erano più dure del solito.
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