Brahim Chnina, il padre di famiglia autore del video in cui definiva Samuel Paty “un delinquente” per aver mostrato le caricature di Maometto, e Abdoullakh Anzorov, il terrorista ceceno che ha ucciso e decapitato l’insegnante di storia e geografia del collège du Bois d’Aulne, si erano scambiati dei messaggi via Whatsapp nei giorni precedenti all’attentato. Sul suo account Twitter, @Tchétchène_270, Anzorov pubblicava regolarmente dei contenuti che inneggiavano al jihad, alla punizione degli infedeli, al martirio. Ed è su Facebook che la “fatwa” del predicatore islamista Abdelhakim Sefrioui, lanciata con un filmato girato davanti alla scuola di Paty, ha raccolto consensi e condivisioni. L’attacco terroristico di venerdì scorso è nato sul web, figlio del cyberislamismo contro cui la ministra francese delegata alla Cittadinanza, Marlène Schiappa, vuole combattere con maggiore efficacia, migliorando anzitutto il ruolo di Pharos, la piattaforma di segnalazioni di contenuti illeciti o pubblicazioni che veicolano messaggi di odio.
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