"Salvini non tradirà". Intervista a Marine Le Pen
"Matteo è stato chiaro, la sua formazione non entrerà mai a far parte del partito popolare europeo"
L’avvicinamento della Lega al Ppe è una menzogna, ci dice la la leader del Rassemblement national. Gli errori di Trump e la lotta all’islamismo
E’ molto tesa Marine Le Pen quando le viene chiesto cosa ne pensa degli ammiccamenti della Lega al Ppe. “Ho piena fiducia in Matteo Salvini, è un amico”, dice al Foglio la leader del Rassemblement national (Rn), prima di aggiungere: “Ho sentito Salvini dire che tutte le cose che si scrivono sui giornali sull’avvicinamento della Lega al Ppe sono sciocchezze, menzogne”. Sembra quasi autoconvincersi, la Le Pen: no, non mi tradirà quel ragazzo di Milano che ai tempi in cui il lepenismo andava forte ha beneficiato della mia aura per diventare un pilastro del sovranismo europeo e che, sottolinea, “ho conosciuto quando il suo partito faceva il quattro per cento”. “Che all’interno della Lega ci sia qualche deputato desideroso, in un certo senso, di lavorare con il Ppe, può essere, ma Salvini è stato chiaro, dicendo che la sua formazione non entrerà mai a far parte di quel gruppo”, spiega.
Marine, tuttavia, sa bene che non è così, che non è “qualche deputato” di poco conto a voler abbandonare il gruppo Identità e Democrazia per entrare il prima possibile nella grande casa dei moderati, bensì Giancarlo Giorgetti e un nutrito numero di esponenti del Carroccio che attende impaziente di sganciarsi dalla galassia dei sovranisti eurofobi. A inizio ottobre, l’Express ha pubblicato un articolo a firma di Camille Vigogne che ha fatto molto rumore negli ambienti sovranisti parigini, intitolato: “Marine Le Pen et Matteo Salvini, une union menacée”. Secondo le informazioni dell’Express, il leader leghista avrebbe anche telefonato alla sua omologa francese per tranquillizzarla sulle notizie che arrivavano dall’Italia in merito a un’imminente uscita dei ventinove eurodeputati leghisti dal gruppo Identità e Democrazia. Salvini “le ha assicurato che quei dibattiti derivavano dal clima post elezioni in Italia”, ha detto all’Express un fedelissimo della presidente del Rn. “L’avvicinamento della Lega al Ppe è una questione molto sensibile, che crea parecchio nervosismo tra i membri del Rn”, dice al Foglio Camille Vigogne.
Marine Le Pen ha annunciato la sua candidatura alle presidenziali del 2022 lo scorso gennaio, a due anni e mezzo dal primo turno: molto presto rispetto al calendario abituale di un candidato all’Eliseo. “Sarò al servizio dei francesi fino a quando avranno bisogno di me e fino a quando riuscirò a radunare il maggior numero di elettori possibile attorno al progetto che il Rn difende. Se domani ci sarà un candidato capace di allargare ancor di più questo bacino elettorale, non avrò difficoltà a cedergli il posto”, assicura la Le Pen, consapevole che in caso di sconfitta, la terza, sarebbe comunque spinta a farsi da parte per lasciare spazio a volti nuovi. Jordan Bardella, vicepresidente del Rn, è oggi il favorito. Ma gli elettori della destra sovranista francese pensano a un’altra figura: la nipote, Marion Maréchal, di cui Marine preferisce non parlare.
Su Macron, sulla sua presidenza, e sulla gestione della pandemia da Covid-19 ha invece molte cose da dire. “La Francia è in stato d’assedio sanitario. Non è vero che tutti i paesi europei si trovano nella nostra stessa situazione per quanto riguarda l’emergenza coronavirus. Le cifre della Francia sono disastrose in termini di mortalità e contagio”, attacca la Le Pen. “Ma al di là della crisi sanitaria – aggiunge – è un metodo di governo a essere messo in discussione: il metodo dell’ideologia globalista, secondo cui si gestiscono i problemi giorno dopo giorno, senza prospettive. E’ la start up nation, come dice Macron, tutto è agile, tutto è fluido. Ma dinanzi a una crisi sanitaria come quella che stiamo vivendo, e alla guerra che il terrorismo islamista ci ha dichiarato, ciò non può funzionare. Abbiamo bisogno di uno stato-stratega, sovrano, che abbia il controllo delle sue frontiere e sia capace di contrastare la globalizzazione sregolata”.
Il progetto di legge contro i separatismi che Macron e il suo ministro dell’Interno, Gérald Darmanin, hanno rafforzato due giorni fa, aggiungendo un capitolo consacrato alla “lotta contro i discorsi che incitano all’odio e i contenuti illeciti su internet” in seguito alla decapitazione di Samuel Paty, è ancora troppo debole per la Le Pen. “Le piste proposte da Macron sono insufficienti. La volontà degli islamisti non è quella di vivere separati. Il separatismo è una tappa. Il loro obiettivo è la conquista, il dominio e l’imposizione della sharia in Francia. Gli attentati servono a terrorizzare le popolazioni, a insediare la paura. Ma l’islamismo non passa solo dalle armi da fuoco: passa anche da atti quotidiani di pressione. Sorge dal terreno del comunitarismo, che a sua volta sorge dall’immigrazione massiva. La Francia e l’Europa sono in guerra contro l’islamismo, che ci attacca per ciò che siamo. Per lottare contro questo nemico che lunedì ha colpito Vienna, c’è bisogno di nuove leggi speciali contro il terrorismo”.
Per la presidente del Rn, tutti gli stranieri schedati “S” per radicalizzazione, regolari e irregolari, devono essere cacciati dal territorio francese. Per quelli con doppio passaporto, deve scattare la decadenza di nazionalità e la procedura di espulsione. E se è un cittadino francese a essere schedato “S” per islamismo radicale deve poter essere perseguito per “intelligence con il nemico”. Oltre a questo, anche “le associazioni che aiutano, sostengono e diffondono l’ideologia islamista devono essere dissolte”, tuona la Le Pen. L’ultimo intervento è sulle presidenziali americane. “La rielezione di Donald Trump alla Casa Bianca è la miglior ipotesi per la Francia – dice la leader sovranista – e per la costruzione di un mondo con sempre più nazioni che rifiutano la globalizzazione selvaggia, e difendono le frontiere e le regole commerciali. Bisogna essere onesti: i risultati economici di Trump prima dell’arrivo del Covid erano eccezionali. Avrebbe dovuto prendere questa pandemia con più serietà, perché le difficoltà che ha avuto negli ultimi mesi sono legate alla sua gestione”.