Il significato delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti è che “non c’è modo di sfuggire a ciò che siamo diventati”, scrive George Packer dell’Atlantic. Il giornalista ha trascorso gli ultimi quattro anni a osservare i cambiamenti dell’America, che però era già iniziati prima, e il giorno dopo il voto del 3 novembre scrive: “Siamo bloccati l’uno contro l’altro, non vediamo né vie d’uscita né passaggi apparenti, sprofondiamo sempre più in uno stato di reciproca incomprensione e disgusto”. Eccole le due Americhe, eccoli i due popoli che sono andati a votare, e che, “chiunque prenderà la presidenza”, rimarranno perdenti. “Siamo due paesi”, scrive Packer aggiungendosi alla lista dei commentatori che hanno guardato con stupore e paura all’avanzata delle due Americhe, antagoniste, incomprensibili, lontane.
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