Una svolta seria e ambiziosa, una rilettura di storia e futuro dell’occidente, esposta alla verifica dei fatti in tempo breve. Nato, globalizzazione, innovazione. L’Europa del dopo Trump non sarà come quella di un tempo. Elogio di una nuova sovranità
Il momento di Macron è arrivato e le sue idee sono in pagina, sistematizzate e aggiornate, a poche settimane dal 3 novembre americano. Nel 2016 gli elettori britannici decidono per l’uscita dall’Unione europea, nel novembre dello stesso anno gli elettori americani scelgono Trump, tra l’altro un brexiteer ad honorem, che considera l’Unione un ostacolo commerciale e un ibrido politico. Nella primavera successiva i francesi eleggono Macron, che sull’Europa punta tutto. Per quattro anni Macron si fa leader mondiale, con discorsi idee progetti e atti politici, di una difesa del multilateralismo contro la logica dell’America First al centro della quale pone un’Europa a trazione franco-tedesca. Era intuibile che con l’uscita di scena dell’uomo forte di Washington, e con lo “splendido isolamento” del Regno Unito privo della copertura di un rapporto speciale con gli Stati Uniti, al presidente francese sarebbe immediatamente tornato il pallino della grande politica. Tanto più che, di crisi in crisi (gilet gialli, lavoro, pensioni e altre riforme strutturali di tipo liberale), la Francia ha tuttavia ottenuto, tra molti altri risultati, quello principale: l’aggancio con la Germania di Merkel nella decisione comune europea di fondare, in reazione alla pandemia, un nucleo di bilancio comune dell’Unione e uno sforzo ingente di convergenza, di spesa e di debito mutualizzato, uno sforzo di tipo trasformativo, una svolta anche politica.
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