E’ un ossimoro facile facile ed eppure ineludibile quello del vincitore del premio Nobel per la Pace che fa la guerra. Oltretutto, il conflitto in corso in Tigrè (o Tigray, come si scrive in inglese), di cui già si raccontano atrocità, rischia di diventare una di quelle bruttissime guerre africane capaci di guadagnarsi il sinistro appellativo di “etniche” e di contagiare i paesi vicini più del Covid. E tutto questo rischia di diventare la livida alba in cui svapora il sogno in cui il primo ministro etiope, Abiy Ahmed Ali, interpretava il ruolo di un leader africano di nuovo conio. Dal conflitto in cui si è avvitata l’Etiopia sale una forte puzza di passato e di déjà vu. E invece tutta quella mirabolante traiettoria che nell’ottobre del 2019, dopo solo diciotto mesi al Abiy Ahmed Ali,potere, aveva condotto Abiy alla premiazione di Oslo era permeata di futuro (quantomeno promesso) e di cambi di passo mai visti in precedenza in quella parte di Africa.
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