Inizia la transizione di Biden: per il bene del paese, che è poi la fiducia collettiva, anche un Trump ci deve stare e ci sta. L’informalità del sistema, che non prevede una crisi costituzionale se non in circostanze d’emergenza, è la sua salvezza
"Apparent winner" è una formula fantastica, se ci pensate. Gli Stati Uniti hanno un nuovo presidente da quando l’Associated Press, come da tradizione, ha attribuito a Joe Biden la vittoria nel Collegio elettorale sulla base dei dati registrati dalle amministrazioni statali incaricate delle elezioni. In un clima di fiducia e di fair play l’uscente, in questo caso Trump, avrebbe dovuto conformarsi all’usanza di accettare questo verdetto per metà burocratico-amministrativo e per metà sulla parola della stampa, tenendo un breve concession speech con tanto di complimenti all’avversario e di auguri per il bene del paese. Non è accaduto, perché Trump ha una sua tecnica tutta televisiva e narcisista che non prevede fair play e riconoscimenti a chi non gli sia subordinato, figuriamoci a un successore eletto al posto suo.
Abbonati per continuare a leggere
Sei già abbonato? Accedi Resta informato ovunque ti trovi grazie alla nostra offerta digitale
Le inchieste, gli editoriali, le newsletter. I grandi temi di attualità sui dispositivi che preferisci, approfondimenti quotidiani dall’Italia e dal Mondo
Il foglio web a € 8,00 per un mese Scopri tutte le soluzioni
OPPURE