In una lettera che vuole essere "un appello alla lucidità" l'insegnante racconta gli episodi, ignorati o sottovalutati durante la sua carriera, che oggi mostrano come l’islam sia "una griglia di lettura così forte che i valori umanistici, la République e le sue leggi non hanno alcun peso nelle pratiche quotidiane"
In occasione della cerimonia nazionale in onore di Samuel Paty, il professore di storia e geografia di 47 anni decapitato il 16 ottobre da un terrorista islamico, sono state lette la “Lettre aux instituteurs et institutrices” di Jean Jaurès e la lettera che il 19 novembre 1957 Albert Camus dedicò al suo amato maestro di scuola elementare, dopo aver vinto il premio Nobel per la letteratura: “Lettre de Camus à son instituteur, Louis Germain”. Oggi, è un’altra lettera a suscitare particolare attenzione in Francia, perché scritta da chi tutti i giorni è a contatto con i problemi della scuola e negli ultimi anni ha riscontrato una moltiplicazione di derive in materia di laicità e rispetto dei valori repubblicani. La lettera, pubblicata dal quotidiano Midi-Libre, è firmata da Florence (il nome è stato cambiato per ragioni di protezione), insegnante di Nîmes, nel sud della Francia. Da vent’anni, questa maestra insegna nelle scuole dei quartieri difficili, negli istituti che rientrano nel cosiddetto “reseau d’éducation prioritaire”. A distanza di un mese dalla morte di Paty, Florence ha deciso di lanciare un appello ai suoi colleghi affinché non cedano al “silenzio colpevole” dinanzi alla propagazione dell’ideologia islamista nelle scuole. “Cosa dobbiamo cambiare nella nostra attività quotidiana? Nella nostra relazione con gli studenti e con le loro famiglie affinché Samuel Paty non sia morto per nulla? Ci penso da alcuni giorni e mi vengono in mente innumerevoli dettagli e situazioni”, scrive l’insegnante di Nîmes, secondo cui gli omaggi e i minuti di silenzio non bastano.
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