La versione (europeista) di Merz, il candidato anti Merkel per la successione della Merkel
L'uomo che è stato esautorato dalla cancelliera nel 2002 vorrebbe spostare la Cdu più a destra. Ma non troppo. "Con l'Afd non esistono margini per lavorare insieme: neanche un millimetro; io con loro non voglio avere nulla a che fare"
No ad AfD e no alla Cina, sì invece a una Cdu “più aperta” sul lato destro e, seppur senza entusiasmi, a una futura collaborazione con i Verdi. E’ un Friedrich Merz a 360 gradi quello che martedì pomeriggio ha incontrato la stampa estera in Germania in forma strettamente digitale. Come digitale sarà il prossimo congresso della Cdu, il partito che Merz spera di riconquistare dopo essere stato esautorato nel 2002 da Angela Merkel. Il congresso celebrato in forma virtuale il prossimo 16 gennaio non piace al candidato più conservatore fra quelli ufficialmente in corsa, ma Merz sa che non c’è tempo da perdere. “Siamo a dieci mesi dal rinnovo del Bundestag e prima di allora abbiamo una lunga serie di elezioni nei Länder”.
Merz riconosce che non avere incarichi di governo rende più difficile la sua campagna in un’epoca di incontri rarefatti e di visibilità erosa dal coronavirus. Intanto però ha saputo vincere la consultazione informale organizzata poche settimane fa dai giovani della Cdu. Nei giorni in cui una parte della Cdu strizza l’occhiolino ad AfD nell’orientale Sassonia-Anhalt, Merz è durissimo con i sovranisti: “Con loro non esistono margini per lavorare insieme: neanche un millimetro; io con loro non voglio avere nulla a che fare”. Duro con gli estremismi di destra e di sinistra, Merz cerca invece di misurare le critiche alla cancelleria, ma su un punto non riesce a frenarsi: “Io avrei fatto diversamente quanto agli aiuti alle imprese” decisi a seguito della pandemia. “Non sono d’accordo con il governo”, afferma e spiega che avrebbe preferito usare la leva fiscale aiutando chi ha subìto perdite a causa della pandemia, anziché procedere con gli aiuti a pioggia “finendo per aiutare anche chi era in crisi già prima della crisi”.
L’ex consulente del fondo BlackRock ha poi ribadito il suo secco no alle politica delle partecipazioni statali con un’altra frecciata al governo: “Guardate la Commerzbank ancora in crisi” (e partecipata al 15 per cento dallo stato). Ma poiché il congresso è vicino, Merz ricorda anche di essere sempre stato a favore dello stato sociale, del reddito minimo di cittadinanza e per riforme verdi dell’economia. “Cosa sono allora? Progressista o conservatore?”. Domande retoriche che usa per ribadire che la Cdu deve restare al centro dello schieramento; Merz nega quindi la volontà di fare “scivolare” il partito in alcuna direzione specifica. Quello che invece occorre fare è “riaprire” la Cdu ai tanti conservatori “che non votano più perché non capiscono più in che direzione sta andando il partito”. Il che non significa chiudere preventivamente ai Verdi, “ma di alleanza è bene parlare dopo le elezioni”. E conclude il capitolo di politica interna spiegando il suo no ai ticket politici. L’unità del partito, afferma, non si fa con le ammucchiate “ma dandosi un profilo molto chiaro, che sia espressione di tutta la direzione del partito: il mio team saranno loro”. In politica estera Merz lascia riscoprire il suo lato europeista ed atlantico. Definisce il Nord Stream 2 un progetto “che non può essere fermato” e che resta tuttavia “altamente problematico”. Se avessimo sviluppato una posizione europea prima di costruire il gasdotto, osserva, oggi sapremmo come rispondere alle sanzioni del Senato americano che restano “assolutamente inaccettabili”. Merz invoca anche più Europa sia in tema di immigrazione – “le frontiere di Italia e Grecia sono le nostre frontiere” – sia nei rapporti con la Turchia e con la Cina, ricordando che Pechino ha una strategia verso Bruxelles mentre l’Europa non ha sviluppato le propria verso i cinesi. E critica la stessa Germania che si è resa “troppo dipendente” dall’economia della Cina. Mano tesa infine a Joe Biden, presidente eletto d’America, con il quale potremo tornare a parlare “di interessi comuni e di multilateralismo”. E non sono d’accordo con Emmanuele Macron sulla presunta morte della Nato, conclude Merz, “ma serve più coesione fra europei all’interno dell’alleanza atlantica”.