“A time to heal”. Joe Biden lo aveva detto fin da subito che gli anni della sua presidenza sarebbero stati un tempo per guarire, lenire, ricucire. Così, oggi, Biden, si ritrova a dover riparare non solo i cocci dell’America divisa dal trumpismo, ma anche a dover raccogliere e dare un senso alle macerie che circondano l’America. Quattro anni di trumpismo, di tweet, di sfottò, di dazi, di consolati chiusi e sgarbi istituzionali hanno isolato il paese, circondandolo di nemici invece che di alleati e competitor. Tra i rapporti più compromessi, eppure strategici, c’è quello con la Cina, un paese con cui gli Stati Uniti non sono mai andati particolarmente d’accordo ma con cui è sconsigliabile andare allo scontro. “Negli anni della presidenza Trump – scrive la Bbc – i rapporti tra America e Cina sono arrivati al loro punto più basso dai tempi di Nixon”. Ora, da questo punto basso, Biden deve ripartire. Per farlo ha davanti a sé due opzioni: o continuare nel solco del trumpismo, proseguendo con lo scontro frontale a colpi di dazi, minacce e provocazioni, per dare una dimostrazione di forza che oggi gli Stati Uniti hanno di meno. Oppure può fare una precipitosa marcia indietro, togliere i dazi, dire alla Cina di fare come se non fosse successo niente, e dare una dimostrazione di debolezza americana che non corrisponde, nemmeno oggi, alla realtà.
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