Possibile che nell’era della digitalizzazione, della globalizzazione e del Covid-19, lo modalità di separazione di due vecchi amici vengano decise dalla pesca?
“Siamo a un momento di verità” e restano solo “poche ore” per trovare un accordo con il Regno Unito per il dopo Brexit, ha detto il caponegoziatore dell’Unione europea, Michel Barnier. “La nostra porta è aperta. Continueremo a discutere. Ma devo dire che le cose appaiono difficili e ci sono divergenze che devono essere colmate”, ha risposto il premier britannico, Boris Johnson, ripetendo che il suo paese “prospererà” anche con i dazi dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto). L’intesa su un accordo di libero scambio per minimizzare i danni economici della Brexit ieri era a un passo. Johnson ha ceduto sulla principale richiesta dell’Ue: seguire le regole europee su aiuti di stato e standard ambientali e sociali per evitare concorrenza sleale e dumping britannici. Eppure gli oltre 700 miliardi di euro scambi commerciali annui tra le due sponde della Manica potrebbero essere compromessi da un settore che vale appena 750 milioni di euro: la pesca. Durante tutta la giornata le due squadre negoziali hanno trattato su quote, periodi transitori, miglia dalla costa, specie pelagiche.
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