Il volto più noto dell’opposizione russa, Alexey Navalny, ha telefonato a un uomo che faceva parte della squadra dell’intelligence russa (Fsb) che ha tentato di ucciderlo con il veleno il 20 agosto scorso, si è spacciato per un suo superiore e gli ha chiesto di spiegare il fallimento. Nel corso della chiamata di 49 minuti l’uomo ha confessato che l’avvelenamento di Navalny è un’operazione dei servizi russi e ha anche rivelato il modo scelto per uccidere il politico russo: i sicari dei servizi hanno messo dei microgranuli dell’agente nervino novichok in un paio di mutande. A contatto con il sudore il novichok si è sciolto e ha cominciato a essere assorbito dalla pelle. Ma il pilota del volo sul quale Navalny si sentì male prese la decisione di fare un atterraggio d’emergenza e questo accorciò di almeno tre ore il tempo d’esposizione perché i medici spogliarono la vittima. Quando diciannove giorni dopo Navalny si svegliò dal coma in un ospedale di Berlino chiese alle autorità russe di riavere indietro i suoi vestiti, ma la richiesta fu respinta e molti sospettarono che fosse un tentativo di nascondere le tracce del veleno. Adesso arriva la conferma, grazie alla telefonata-trappola fatta a uno della squadra di sicari mandata a uccidere l’oppositore.
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