Dietro di lui ci sono Lenin e Stalin, fino a Andropov, suo maestro, passando per molti altri. Si è rifatto i tratti del volto ringiovanendosi, e questo non sta bene per un tiranno come si deve, però è pur sempre un uomo temibile. E’ un maestro di judo, tra l’altro. E un grande uomo di stato, checché si voglia pensare dei suoi metodi e della cleptocrazia che lo riguarda e lo circonda. Ma Putin non è solo la storia del comunismo, soggiaciuto alla “più grande catastrofe geopolitica del secolo”, sono sue parole dopo il crollo del Muro di Berlino. E’ un modello, lo strongman, l’uomo forte, amato e rispettato nel mondo come critico della democrazia liberale, come costruttore di una mentalità plebiscitaria, semidemocratica, decisamente illiberale. Un accentratore. Un tipo che ha ridato identità e senso alla classe media, fino a prima di lui inesistente, in un paese sempre vissuto nella mistica della povertà e dell’aristocrazia di stato, dallo zar alle nomenclature sovietiche.
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