Da un paio di anni guardiamo le inchieste sui servizi segreti russi e sui loro errori come se fossero uno sketch mezzo da seguire e mezzo da ridere. Nel marzo 2018 due sicari mandati a Salisbury, vicino Londra, a eliminare il doppiogiochista Sergei Skripal travestiti da turisti russi finirono immortalati sulle prime pagine di tutti i giornali inglesi. Una squadra di quattro agenti mandata all’Aia a origliare con dispositivi elettronici l’edificio dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche fu arrestata in flagrante dalla polizia olandese nel parcheggio, erano tutti nascosti nella stessa automobile. Adesso sappiamo che un’altra squadra pedinava l’oppositore più famoso di Russia, Alexey Navalny, per mettergli il novichok nelle mutande e quando il tentativo è fallito è stata mandata a coprire le tracce e a recuperare l’indumento. E’ materiale imbarazzante. Questo giornale un paio di anni fa ha titolato un pezzo: “La sai l’ultima sull’intelligence russa?”, per raccontare dello scivolamento di un argomento tragico, le operazioni dei servizi russi, verso la barzelletta. Ma quello che a noi sembra uno smacco non lo è visto dalla Russia, dove il potere, avvisano gli esperti, si sta bunkerizzando, quindi sta diventando sempre più nascosto, inaccessibile e aggressivo. In fin dei conti, chi ordina l’uccisione con il veleno di un doppiogiochista vicino a Londra lo fa perché ha considerato e soppesato tutti gli scenari. Nel migliore dei casi Skripal sarebbe morto avvelenato e la sua fine sarebbe stata un messaggio per l’enorme comunità russa che vive a Londra. Nel peggiore dei casi l’operazione sarebbe fallita e i sicari sarebbero stati scoperti – è quello che è successo – ma il messaggio sarebbe passato lo stesso, forse anche di più. Vale anche per Navalny. Chi ordina di uccidere l’unico nome dell’opposizione russa conosciuto fuori dal paese mette in conto che ci saranno sospetti e accuse e tollera questa eventualità perché comunque accetta le conseguenze. Il messaggio è: siamo stati noi e allora? Continueremo a negoziare con l’occidente su altri dossier importanti.
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