Dopo l'annuncio dell'accordo, i 27 governi adotteranno una decisione per farlo entrare provvisoriamente in vigore, anche se non c'è ancora il consenso del Parlamento europeo. I deputati possono aspettare il 2021. L'Ue alla fine è un esercizio di difesa dell'interesse comune. Compreso quello della parte che soccombe
La Brexit è finita come doveva andare a finire: con una separazione consensuale tra due vecchi amici, pronti a rinunciare a qualcosa pur di continuare ad avere relazioni civili e non danneggiare in modo grave la propria prosperità, già compromessa da una pandemia e dalla più grave recessione dalla fine della Seconda guerra mondale. Quattro anni e mezzo dopo il referendum sull'uscita del Regno Unito dall'Unione europea, Ursula von der Leyen e Boris Johnson hanno annunciato un'intesa sull'accordo di libero scambio che costituirà la base per le relazioni future. L'incubo della “hard Brexit” è stato evitato. L'1 gennaio 2021 non ci saranno dazi e quote dell'Organizzazione mondiale del commercio, anche se torneranno controlli sulle merci che attraversano la Manica e la vita dei cittadini britannici ed europei sarà molto più complicata. Chi ha vinto e chi ha perso in questo estenuante negoziato? La risposta è semplice: nessuno. Ma l'Ue, pur avendo fatto alcune concessioni rispetto alle sue posizioni iniziali, ha costretto Johnson a rinunciare alle sue linee rosse sul riprendere il controllo assoluto della sovranità britannica. Dagli aiuti di stato agli standard sociali e ambientali, passando per la pesca e l'energia, i destini dell'Ue e del Regno Unito continueranno a essere strettamente legati.
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