Per settimane si sono rincorse due teorie: una diceva che la Georgia sarebbe stata l’ennesima dimostrazione di quanto è forte il trumpismo; l’altra diceva che le ultime follie del trumpismo avrebbero inflitto l’ennesima punizione ai repubblicani. In ogni caso nel test va aggiunto che questa è, per l’appunto, la Georgia, uno stato che non votava un presidente democratico da ventotto anni
L’appuntamento con il ballottaggio per i due seggi della Georgia al Senato è finalmente arrivato: è una di quelle scadenze che dalle elezioni presidenziali americane ha assunto un’importanza e un simbolismo forse esagerati, ma si sa che in questo periodo di transizione da Donald Trump a Joe Biden ogni cosa è esagerata. E tra tutte le date che abbiamo ignorato per decenni e che soltanto in quest’inverno straziato abbiamo dovuto raccontare e seguire, quella elettorale della Georgia è la più importante: i democratici si giocano il pareggio al Senato con i repubblicani (devono vincere entrambi i seggi) che diventerebbe maggioranza con il voto del vicepresidente democratico, Kamala Harris. In generale il risultato elettorale del Partito democratico al Senato è stato a novembre deludente: molti speravano di ottenere la maggioranza. Invece i repubblicani hanno tenuto e così il voto di oggi si è caricato di un significato ulteriore rispetto a quello già pesantissimo del 3 novembre: è un test sulla gestione di Trump e del Partito repubblicano della transizione, o sarebbe meglio dire della sconfitta. Per settimane si sono rincorse due teorie: una diceva che la Georgia sarebbe stata l’ennesima dimostrazione di quanto è forte il trumpismo; l’altra diceva che le ultime follie del trumpismo avrebbero inflitto l’ennesima punizione ai repubblicani. In ogni caso nel test va aggiunto che questa è, per l’appunto, la Georgia, uno stato che non votava un presidente democratico da ventotto anni (era Bill Clinton, che vinse in Georgia al primo mandato ma già al secondo no) e che è stata vinta da Joe Biden, pure se Trump non se n’è ancora fatto una ragione. Quindi il test è in realtà molto complesso, per i repubblicani che possono soltanto perdere (e devono fare i conti postumi con il trumpismo) e per i democratici che hanno bisogno di vincere.
Abbonati per continuare a leggere
Sei già abbonato? Accedi Resta informato ovunque ti trovi grazie alla nostra offerta digitale
Le inchieste, gli editoriali, le newsletter. I grandi temi di attualità sui dispositivi che preferisci, approfondimenti quotidiani dall’Italia e dal Mondo
Il foglio web a € 8,00 per un mese Scopri tutte le soluzioni
OPPURE