“La Putain du califat” racconta la testimonianza di Marie, cristiana d'oriente, prigioniera dell’Isis per due anni, venduta e rivenduta per tredici volte tra Iraq e Siria. Anche grazie al welfare di Parigi
Nel mercato “saturo di giovanissime yazide”, Marie è una perla rara: è cristiana. Non importa che abbia trentacinque anni, “la sua religione compensa di gran lunga la sua età agli occhi dei jihadisti”. Le cristiane d’oriente come Marie sono un gioiello, un simbolo di prestigio, le più concupite tra “le puttane del Califfato”: sono “la parte riservata ai capi e ai più meritevoli tra gli alleati”. Ma non lo sa ancora, Marie, quando finisce nella casa delle schiave di Mosul, in Iraq, tra yazide inginocchiate che parlano un dialetto curdo a lei incomprensibile e miliziani dello Stato islamico che agitano i loro walkie-talkie. Ignora questa giovane cristiana di nazionalità irachena che il biondo dei suoi capelli “esaspera il desiderio dei suoi aguzzini”. Poi una sera fanno irruzione due soldati che scortano il suo primo “acquirente”: un vecchio imam, Hadj Abou Ahmed al Charia. Le sabaya, le schiave sessuali degli jihadisti, valgono dai duemila ai quindicimila dollari, ma per l’imam “c’est cadeau”: Marie è un regalo.
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