Il Brasile resta il paese più colpito dalla pandemia dell’America latina e il terzo più colpito al mondo. Adesso è anche al verde. Almeno stando alle parole del presidente Jair Bolsonaro che — il 6 gennaio, rivolgendosi ai sostenitori di fronte alla sua residenza a Brasilia — ha detto: “Il Brasile è in bancarotta, e io non posso farci nulla”. Ci sono due possibili interpretazioni per il tono con cui ha pronunciato queste parole, due livelli di lettura della reazione del presidente. Innanzitutto, sembrerà lunare, ma Bolsonaro è parso quasi compiaciuto, le sue parole sono suonate come un implicito “ve l’avevo detto”. Denotano la volontà di auto-assolversi, non solo lasciando intendere che il Covid è una spada di Damocle a tutte le latitudini, un fattore esogeno, il che potrebbe valere per qualsiasi presidente. Bolsonaro, in particolare, si sente deresponsabilizzato perché ha sempre ritenuto che prendere misure di contenimento della pandemia significasse sacrificare l’economia sull’altare di una “semplice influenza”. Quelli contro cui oggi punta il dito, infatti, sono i governatori dei singoli stati, i quali — di fronte all’inerzia del presidente — hanno dovuto gestire da soli l’emergenza. Sarà questa, adesso, la sua nuova campagna per il consenso, forte di un fatto: rispetto al crollo di popolarità subìto nella prima ondata, da quando la crisi economica ha iniziato a farsi sentire il presidente in carica ha già ripreso a salire nei sondaggi.
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