"I fatti eccezionali di Capitol Hill hanno spinto le piattaforma a intervenire: ora è tempo che si chiedano se intendono usare lo stesso standard anche per altri leader globali", ci dice Julian Jaursch della Fondazione Neue Verantwortung
Quel giudice invocato dal mugnaio di Potsdam ancora non c’è. Né negli Stati Uniti né a Berlino. A Berlino, però, c’è una cancelleria che ha definito “problematica” la decisione di Facebook e Twitter di chiudere gli account di Donald Trump. “Il diritto fondamentale alla libertà di opinione è di importanza elementare”, ha fatto dire Angela Merkel al portavoce Steffen Seibert. Anche quando si tratta del presidente americano più ostile a lei e al suo governo. Con questo la cancelliera non vuol dire che Trump sia libero di salutare con con un “we love you” gli insorti del Campidoglio. Un intervento è anzi possibile, “ma nel quadro definito dal legislatore”. Ma la violazione da parte di Trump di regole aziendali non è per la cancelliera ragione sufficiente per impedirgli di cinguettare online. Merkel riaccende così il dibattito sui social media (semplici postini di messaggi altrui o editori responsabili di ciò che pubblicano?) e su come regolarli.
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