Sui giornali in India da alcuni giorni è in corso un dibattito sulla necessità per il paese di adottare una legge di protezione dei dati analoga al Gdpr introdotto nell’Unione europea. Adottato nel 2016 e entrato in vigore nel 2018 il Gdpr è il Regolamento generale sulla protezione dei dati che ha messo una serie di paletti stringenti a siti, piattaforme, applicazioni mobili e altri servizi digitali. A provocare il dibattito indiano è stata la decisione di Facebook di aggiornare le sue condizioni di utilizzo per permettere a WhatsApp, sua applicazione di messaggistica istantanea, di condividere i dati con la casa madre. L’obiettivo di Facebook è monetizzare WhatsApp, comprata nel 2014 per 19 miliardi: tutti i servizi della mega piattaforma di Mark Zuckerberg potranno ottenere dati della messaggeria come il numero di telefono, indirizzo IP, device utilizzato, geolocalizzazione e future transazioni finanziarie. Lo choc è stato amplificato dall’ultimatum inviato agli utenti a inizio gennaio: le nuove condizioni entreranno in vigore dall’8 febbraio: “Dopo tale data dovrai accettare i nuovi termini per continuare a usare WhatsApp”. In tutto il mondo è iniziata una migrazione di milioni di persone da WhatsApp verso concorrenti ritenuti più sicuri, come Signal e Telegram. Ma in Europa l’urgenza è meno impellente. Le nuove condizioni della privacy nell’Ue sono diverse dal resto del mondo.
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