Putin, che sembra sempre di più "il nonno nel bunker", vorrebbe che i russi si dimenticassero dell'oppositore, condannato a trenta giorni di carcere durante un processo arbitrario. Restituendo l'immagine di un potere arrogante e fragile, il presidente sta ottenendo il risultato contrario
Alexei Navalny è stato condannato a trenta giorni di carcere. Se la vicenda fosse un racconto di Gogol’ – che tanto amava sbeffeggiare la Russia dei suoi tempi, era la prima metà dell’Ottocento, la sua burocrazia arrugginita e la sua amministrazione lenta – avrebbe una struttura narrativa perfetta, capace di restituire al lettore l’immagine di una nazione confusa e caotica, dove le decisioni vengono prese in modo arbitrario da giudici, poliziotti e avvocati goffi e ottusi. Ma la vicenda di Navalny è vera e fuori dalla finzione un potere goffo è invece spesso più pericoloso. Gogol’ non c’entra, la Russia è quella del 2021, al Cremlino c’è Vladimir Putin, e Alexei Navalny è stato sottoposto a un processo arbitrario appena rientrato dalla Germania, dove era stato portato ad agosto per essere curato dopo un tentativo di avvelenamento.
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