L'House of Cards scozzese è tutta dentro il sogno dell'indipendenza
La premier Sturgeon contro il suo ex mentore, predecessore ora nemico Salmond. Lo scontro in tribunale e le prossime elezioni
Londra. Come in ogni regime monocratico, anche in Scozia la premier Nicola Sturgeon teme i suoi compagni di partito più dell’opposizione. La regina della politica scozzese viene accusata di avere mentito al Parlamento, ordito un complotto giudiziario e depistato le indagini – tutto per incastrare Alex Salmond, il suo predecessore e mentore e poi nemico. La storia ha avuto inizio nel 2017, sulla scia del #Metoo, quando il governo scozzese ha introdotto una nuova procedura per denunciare i reati sessuali commessi dagli ex ministri e deputati. I maligni sostengono che fin dall’inizio la Sturgeon abbia orchestrato un piano per incastrare Salmond, ex premier e gigante della galassia indipendentista – l’uomo che ha sfiorato la vittoria nel referendum del 2014 – che nel frattempo era stato marginalizzato dalla nuova gestione. La Sturgeon, che per dieci anni era stata la sua fedele numero due, lo aveva escluso dal suo cerchio magico temendone le interferenze. Nell’agosto 2018 si viene a sapere che due donne hanno denunciato Salmond per molestie sessuali – l’ex premier per sua ammissione “non è un angelo” – che però fa ricorso al Tribunale. Nel gennaio 2019 il Tribunale ha dato ragione a Salmond e obbligato il governo scozzese a restituirgli oltre mezzo milione di sterline. Nello stesso mese si è aperto un altro processo nei suoi confronti – stavolta le presunte vittime erano quattordici e le accuse molto gravi – da cui è stato assolto poco dopo.
Adesso i riflettori sono puntati sulla Sturgeon. Da qualche settimana è iniziato un processo politico – molto più insidioso – nei confronti della premier, che rischia di macchiare la sua reputazione a pochi mesi dalle elezioni scozzesi di maggio, che saranno di fatto un referendum sull’indipendenza. Finora la leader dell’Snp ha ricevuto due accuse diametralmente opposte. C’è chi sostiene che, data la sua lunga vicinanza con Salmond, lei non potesse non sapere dei suoi comportamenti – alcuni testimoni raccontano che prima del referendum del 2014 erano stati cambiati i turni dei collaboratori di Salmond per assicurare che ci fosse sempre almeno un uomo presente nella sua residenza in tarda serata. Allo stesso tempo, c’è chi accusa Sturgeon di avere ordito un complotto per incastrare il suo predecessore, e di avergli consapevolmente dato dei consigli sbagliati durante il processo.
La commissione di inchiesta del Parlamento scozzese accusa la premier di avere mentito in Aula, argomentando che lei fosse a conoscenza dell’indagine su Salmond prima di quanto non avesse dichiarato ai deputati. Se questa accusa venisse provata l’opposizione avrebbe delle buone ragioni per chiedere le dimissioni di Sturgeon, che finora ha riportato versioni contrastanti. Gli accusatori della Sturgeon parlano di un suo incontro con Salmond il 2 aprile 2019, di cui però non c’è alcuna traccia. La Sturgeon lo ha incontrato come leader di governo, leader di partito o ex discepola? In pratica è molto difficile tracciare un confine. La Scozia è di fatto uno stato mono partitico; l’Snp è una formidabile macchina elettorale che non ha rivali, dato che il fronte unionista è spaccato tra conservatori e laburisti. Sturgeon governa da sette anni ma mantiene una grande popolarità tra gli elettori – oltre il 70 per cento – tanto che molti critici l’accusano di avere dato vita a un culto della personalità. Inoltre suo marito Peter Murrell occupa un ruolo apicale nel partito – e ha ammesso di avere fatto pressioni sulle forze dell’ordine per incastrare Salmond. In queste condizioni, è inevitabile che si crei una commistione tra il partito, il governo e il leader. Sia la premier sia il suo predecessore saranno chiamati a testimoniare in Parlamento a fine mese, in quella che si preannuncia una resa dei conti tra i due ex alleati. Sarebbe clamoroso se le lotte di palazzo tra i due dioscuri dell’indipendenza scozzese costassero loro proprio ciò per cui hanno combattuto tutta la loro vita.