Il piano nazionale di ripresa e resilienza che porterà la firma di Mario Draghi impegnerà l’Italia per i prossimi sei anni e le riforme necessarie a ottenere i 209 miliardi del Recovery fund non potranno essere rinnegate dai governi che succederanno a quello dell’ex presidente della Banca centrale europea. Anche in caso di elezioni o cambio di governo “il principio è che un piano che è approvato impegna lo stato membro e impegna l’Ue”, ha spiegato lunedì un alto funzionario della Commissione, alla vigilia del voto di ieri del Parlamento europeo sul regolamento della Recovery and Resilience Facility, il principale strumento finanziario di Next Generation Eu per fornire stanziamenti e prestiti agli stati membri.
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