Biden e Yellen difendono il loro American rescue plan, un'enorme operazione che mobilita 1,9 trilioni di dollari per risollevare il paese dalla crisi pandemica. Ma nella scuola degli economisti progressisti c'è chi dubita della sua efficacia, tra ragioni tecniche e anche ideologiche
Molti commentatori americani dicono che questo, per il paese, è il loro “whatever it takes moment”: fanno riferimento al recovery plan che deve approvare il Congresso, rievocano la frase di Mario Draghi che compare su magliette e tazze, e ci fanno sentire, noi europei, più vicini, forse persino più avanti. Il piano per la ripresa in Europa è già stato adottato, e siamo (almeno) al secondo appuntamento con il “whatever it takes”, nato con la crisi dell’euro nel 2012 e ripetuto molto nell’ultimo anno di pandemia. Ma la sensazione di anticipo finisce qui: c’è naturalmente l’incognita dell’approvazione del Congresso, i cui lavori sono rallentati dal processo di impeachment dell’ex presidente Donald Trump, e c’è la volontà dell’Amministrazione Biden di dare fin da subito forma al cambiamento e ottenere un solido voto bipartisan. Ma la questione su cui si discute, là come qua, è come spendere tutti i soldi a disposizione per contrastare l’effetto economico.
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