un foglio internazionale
L'isteria morale in America
Negli anni Ottanta, era la destra cristiana che censurava. Oggi è la sinistra
Questo articolo è stato pubblicato su Un Foglio internazionale, l'inserto a cura di Giulio Meotti con le segnalazioni dalla stampa estera
Quando i miei genitori, molto cristiani, avevano provato a gettare i suoi dischi di heavy metal nella spazzatura, mia sorella, che aveva quattordici anni, era scappata di casa andando a vivere da un’amica. E avevo pianto per giorni” scrive Barrett Wilson su Le Point. “Il mio mondo era crollato, era la fine di tutto. Mia sorella era partita per sempre e avrei dovuto vivere in una ‘famiglia sfasciata’, come si diceva all’epoca. Nella mia testa, immaginavo il giorno in cui ci saremmo ritrovati – in un quartiere malfamato, dopo la mia immersione forzata nella criminalità. Sia i miei genitori sia mia sorella sembravano avere dei buoni argomenti, a mio avviso. Mia madre e mio padre avevano voluto distruggere i dischi per amore nei confronti di mia sorella, mentre lei se n’era andata di casa per il suo amore verso Dee Snider (leader del gruppo di heavy metal Twisted Sister, ndr). I miei genitori avevano a cuore la sicurezza di mia sorella. Lei desiderava esprimere la propria individualità attraverso la musica. Secondo i miei genitori, l’heavy metal era la causa del comportamento ribelle di mia sorella. Per lei, Judas Priest era un gruppo geniale (band originaria di Birmingham, ndr) e Ozzy Osbourne (cantante dei Black Sabbath, ndr) un santo laico. Per i miei genitori, mia sorella era sotto l’influenza di messaggi satanici incisi nei vinili, mentre agli occhi di mia sorella i miei genitori erano schiavi dei dogmi religiosi scritti nella Bibbia. Mi ricordo bene degli studi biblici e dei gruppi di preghiera.
C’era un’uniformità di credo e di causa che univa i miei genitori ai loro fratelli misericordiosi. Un sussiego e un sentimento di superiorità collettivi che avevo spinto i membri della chiesa a voler epurare la cultura (o le sue parti che potevano controllare) da influenze empie e pericolose. Volevano una cultura più safe – più sicura. I loro obiettivi: le espressioni violente e sessuali nei film, la musica e i videogiochi. Eravamo in un periodo di ‘panico morale’, per riprendere la formula creata dal sociologo Stanley Cohen – una paura collettiva che alimentava nella società l’idea che una forza malefica (in questo caso l’heavy metal) potesse distruggerci tutti. Negli anni Ottanta, numerosi cristiani ferventi avevano attaccato, spesso boicottandoli, i gruppi che proponevano un ‘contenuto per adulti’, come si diceva all’epoca. Tipper Gore, democratico, aveva creato il Parents Music Resource Center (Pmrc) e formato improbabili alleanze con organizzazioni cristiane evangeliche conservatrici, come Focus On The Family di James Dobson. Il loro obiettivo? Tenere l’heavy metal e il rap lontano dalle influenzabili orecchie dei giovani. Avevano persino stabilito la lista dei quindici peggiori artisti depravati, tra i quali figuravano Prince, Madonna e Cyndi Lauper (per la sua canzone “She Bop”, perché si riteneva che glorificasse la masturbazione). Ciò potrebbe apparire assai pittoresco oggi. Ma quelle campagne travolsero delle persone innocenti (come Jello Biafra, icona del punk, che fu arrestato per oscenità). In più, queste guerre culturali attorno alla musica avrebbero poi alimentato l’abuso rituale satanico dalla fine degli anni Ottanta all’inizio degli anni Novanta. Invocando la pseudo-scienza dei ‘ricordi repressi’, alcuni psicologi forzarono dei bambini ad affermare di essere vittime di violenze rituali. Persone ingiustamente accusate furono condannate a lunghe pene detentive. Alcuni ne sono usciti soltanto da pochi anni. Ma altri non sono sopravvissuti. In un articolo apparso nel 2017 sulla rivista The Atlantic, Emily Yoffe spiegava in maniera convincente fino a che punto l’approccio basato sul traumatismo dei terapeuti e degli attivisti contemporanei ricordasse l’isteria della memoria repressa degli anni Ottanta, e che l’idea di una ‘cultura dello stupro’ che affligge i campus americani faceva eco all’abuso rituale satanico che aveva spinto mia sorella a fuggire (…). Certo, le molestie e le aggressioni sessuali sono dei problemi assolutamente reali e troppo frequenti (contrariamente alle sette sataniche pedocriminali). Ma è proprio per questo motivo che bisogna resistere alla diffusione di cifre incerte, e spesso sfatate, che evocano un’epidemia di stupri, o a quelli che ci dicono che per una giovane ragazza andare all’università negli Stati Uniti è pericoloso tanto quanto vivere in un paese devastato dalla guerra.
All’epoca del ‘panico satanico’, la paura era diffusa dal Pmrc, dai politici, dalle trasmissioni televisive popolari, dai terapeuti e dai militanti animati dalle migliori intenzioni. Allo stesso modo, il panico dello stupro nei campus è stato alimentato dal ministero americano dell’Istruzione (in particolare dopo la direttiva del 2011 aggiunta al Titolo IX), dalle campagne di hashtag su Twitter e, ancora una volta, da alcuni terapeuti e militanti animati dalle migliori intenzioni. Di fatto, numerosi militanti progressisti contemporanei hanno sacrificato alcuni valori liberali classici come la libertà d’espressione e lo stato di diritto sull’altare dei safe spaces. Nonostante provino il più profondo disprezzo verso i valori sociali cristiani conservatori, mostrano in realtà la stessa paura collettiva e la stessa ossessione per la virtù e la purezza spirituale che animavano il gruppo di studi biblici puritano che mi ha visto crescere. Combattono e boicottano intellettuali e artisti controversi – proprio come Tipper Gore – e cercano di far vietare la presenza di alcuni gruppi nei festival. Vogliono che la cultura sia più ‘sicura’. E i loro bersagli piacerebbero subito ai miei genitori e ai loro amici praticanti: la violenza e la sessualità spudorate. Alcuni militanti si sono spinti fino a voler vietare l’ingresso in un paese a degli artisti, in ragione dei contenuti ‘problematici’ di alcune loro canzoni passate. L’organizzazione militante australiana Collective Shout, per esempio, ha fatto pressione affinché il rapper Tyler, The Creator non si esibisse in Australia, poiché la sua musica conteneva riferimenti allo stupro e ad altre espressioni misogine. Ecco un estratto della loro petizione: ‘I messaggi veicolati nei suoi testi presentano un rischio particolare per la comunità australiana, lasciando intendere che i conflitti interpersonali possono essere legittimamente risolti con la violenza.
Purtroppo, questo messaggio trova ancora una vasta eco nella nostra società, aumentando il rischio che le sue esibizioni rappresentano per le donne e i bambini’. Una retorica paragonabile a questa: ‘Gli epiteti razziali e sessuali, a prescindere che siano urlati per strada o camuffati dietro il ritmo di una canzone, disumanizzano le persone e le trasformano in oggetti – più facili da degradare, più facili da stuprare, più facili da distruggere’. Queste parole sono di Tipper Gore e risalgono al 1990, quando venivano attaccati il rapper Ice-T e i suoi contemporanei. Gore, così come Collective Shout, partono dal principio che alcune espressioni artistiche possono portare alla violenza. Ed entrambi considerano gli ascoltatori degli esseri tanto deboli di spirito quanto facilmente influenzabili. A tre decenni dall’alleanza tra la destra e la sinistra favorevole alla censura formata da Tipper Gore ecco il suo equivalente contemporaneo nell’èra di Twitter. Mascolinisti di destra e iperprogressisti, per esempio, hanno trovato un terreno d’intesa per linciare sul web la femminista canadese Meghan Murphy, che aveva avuto l’ardire di affermare che le donne nate da un corpo femminile avevano forse delle ragioni per non considerarsi simili a delle donne nate con un pene. Nel 2018, quando venne annullato l’invito ad un festival in Australia a Germaine Greer, icona femminista della seconda ondata, per alcune sue frasi considerata transfobe, la notizia fu accolta dagli ultraconservatori e dai ricercatori progressisti in studi di genere con lo stesso entusiasmo. Le tattiche di cui si sono serviti i trolls Twitter di destra come Mike Cernovich per far cacciare James Gunn da Disney sono identiche a quelle utilizzate dalla sinistra per chiudere il conto del troll Twitter Godfrey Elfwick. Per lo stesso tipo di crimine: aver fatto delle battute controverse.
Ma se tutte le forme di panico sociale tendono ad assomigliarsi, esistono anche delle chiare differenze tra quelle di ieri e quelle di oggi. Anzitutto, le giovani generazioni di oggi sembrano avere spontaneamente un comportamento più ‘censorio’ e essere culturalmente più conservatrici rispetto ai loro genitori. La pace, l’amore, la libertà e la sperimentazione sono state sostituite da un’ossessione per la sicurezza emotiva. Come se i giovani uomini e le giovani donne di oggi fossero terrorizzati gli uni dagli altri. La comunità Lgbt non è altro che un arcipelago di lettere separate. E le tensioni razziali sono alimentate da un’iniezione costante di microagressioni sul web. Tutti si sentono in pericolo, nonostante il mondo non sia mai stati così sicuro. (…) Oggi sembra che ci sia più ipocrisia rispetto al panico morale degli anni Ottanta. Numerosi cristiani sostenitori della campagna di Tipper Gore erano dei veri e propri crociati che combattevano con sincerità il sesso e la violenza. Solo che il mondo attuale è tanto puritano quanto iperesplicito. In una scheda su internet ci indigniamo: ‘Le parole che uccidono!’. E un secondo dopo divulghiamo pettegolezzi malevoli capace di distruggere una carriera, se non addirittura la vita di qualcuno (…). I boicottaggi, i concerti e le conferenze annullate e altre cacce alle streghe continuano. Ma non cambia ciò che le persone possono avere in testa né impedisce a degli artisti di produrre delle opere d’arte controverse. In fin dei conti, dinanzi al panico morale, l’arte e la libertà d’espressione prevalgono sempre come antidoto”.
La traduzione è di Mauro Zanon