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Facebook e l'Australia sono di nuovo amici
Il social media è soddisfatto delle garanzie date dal governo di Canberra e rimetterà i contenuti informativi dei siti australiani sulle sue pagine. Il perché della tregua e l'effetto altrove nel mondo (anche qui)
La proposta di legge del governo australiano impone alle piattaforme digitali di fare accordi commerciali con gli editori per ospitare contenuti d’informazione. Se non si accordano, ed è questo che fa gola anche all’estero, la legge prevede l’introduzione di un arbitrato che sceglie quale delle due offerte, dei social media o dei siti di notizie, è la migliore. E’ facile capire perché una terza parte fa drizzare i capelli: altera i rapporti di potere
Facebook ha fatto pace con il governo australiano, nei prossimi giorni il più grande social media del mondo rimetterà le pagine di news dei media australiani sulla propria piattaforma: “friends again”. Facebook ha ottenuto “garanzie e cambiamenti” soddisfacenti della legge in discussione a Canberra che voleva forzare le aziende tech a pagare per le notizie, spezzando così quel patto spesso implicito che esiste a livello globale tra gli editori e i social media. Proprio questa legge ha fatto alzare le antenne a molti governi e istituzioni internazionali.
In Europa non si fa che discutere, in questi giorni di negoziati sulle riforme digitali, di “modello australiano”. Non soltanto il governo di Scott Morrison sogna di poter governare quel limbo di editori-non editori in cui vivono le società di Big Tech. Ma per ora la crisi pare rientrata, anche se sappiamo che è pronta a riesplodere presto e altrove perché si tratta di un rapporto burrascoso e controverso di amicizie di convenienza, le più deboli.
La settimana scorsa, Facebook aveva deciso di bloccare la condivisione di notizie per gli utenti australiani, mentre gli utenti del resto del mondo non hanno più potuto condividere, nel caso volessero, link dei siti di notizie dell’Australia. Questo ha avuto un effetto immediato che gli esperti, pur senza dati ufficiali, hanno sintetizzato in: il traffico sui siti di notizie è molto diminuito. Ha pesato anche una differenza strategica tra due player importanti: Facebook ha scelto la linea dura, se volete che paghiamo vi leviamo ogni riferimento sulle nostre pagine, sapendo di avere un potere contrattuale e di influenza ben grosso. Google, che pure questo potere ce l’ha, ha scelto di fare accordi commerciali con piccoli e grandi editori, compreso il gruppo dell’australiano Rupert Murdoch, News Corp., meglio noto come “lo Squalo”. Perché questa differenza sostanziale, pure se entrambi, Facebook e Google, combattono contro la legge fin dalla sua prima discussione, a dicembre? I manager di Google la mettono così: ci sosteniamo a vicenda, noi e gli editori, agiamo nello stesso mercato e troviamo il modo di convivere (stabilendo regole per un buon lasso di tempo: l’accordo con News Corp. dura tre anni). Per Facebook invece questa logica finisce per rafforzare troppo gli editori, e quindi ha deciso di fare una prova di forza, sapendo che sarebbe stata spettacolare.
La proposta di legge del governo australiano (News Media and Digital Platforms Mandatory Bargaining Code) impone alle piattaforme digitali di fare accordi commerciali con gli editori per ospitare contenuti d’informazione. Se non si accordano, ed è questo che fa gola anche all’estero, la legge prevede l’introduzione di un arbitrato che sceglie quale delle due offerte, dei social media o dei siti di notizie, è la migliore. E’ facile capire perché una terza parte fa drizzare i capelli: altera i rapporti di potere. I cambiamenti “soddisfacenti” che hanno permesso a Facebook e al governo australiano di tornare amici non riguardano il sistema di arbitrato, che al momento è ancora previsto. Riguardano avvisi e tempi: prima di litigare, ci diamo più tempo per accordarci. Che è un po’ la sintesi della battaglia (e delle ricorrenti tregue) in corso tra editori e social media, a livello globale.