"Sostenere la Guardia costiera libica è l'unico modo per risolvere il problema dei migranti", dice il comandante della missione Ue. Ma Oim e Unhcr lo smentiscono e ripetono ancora una volta che la Libia non è un luogo sicuro
Mercoledì il comandante della missione militare europea Irini, quella che su mandato dell’Onu deve assicurare il rispetto dell’embargo delle armi in Libia, ha detto in un’intervista a Euronews che a suo avviso “addestrare la Guardia costiera libica è il modo migliore per bloccare l’immigrazione illegale” nel Mediterraneo. Le parole dell’ammiraglio Fabio Agostini, che guida la missione aeronavale da marzo dello scorso anno, sono in linea con la strategia che da anni adotta l’Ue per arginare gli arrivi sulle coste europee – delegare tutto ai guardiacoste libici, che prima salvano e poi rinchiudono nei centri di detenzione i naufraghi, in violazione del diritto internazionale – ma sono in contrasto con quanto chiedono da anni le Nazioni Unite. Per l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) e per l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) la Libia non è un porto sicuro. “Il problema non è tanto la Guardia costiera libica che, nel caso, è un bene che salvi vite – dice al Foglio Federico Soda, capo missione dell’Oim a Tripoli – Il problema è invece quello che succede dopo, sulla terra ferma”. E’ questo il trucco dell’Europa, che non osa guardare dall’altra parte del mare.
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