L’isolamento dei cittadini, anche i più giovani (il cosiddetto fenomeno degli hikikomori), l’altissimo tasso di suicidi, l’incapacità di costruire rapporti sociali “attivi”, il declino demografico e l’invecchiamento della popolazione. Il virus ha peggiorato tutto.
Quando all’inizio del 2018 l’allora primo ministro del Regno Unito, Theresa May, ha introdotto per la prima volta al mondo nel suo governo il ministero della Solitudine, aggiungendo un nuovo portafoglio al ministero dello Sport e della Società civile, i polemisti avevano parlato di una decisione fumosa, sentimentale. Perché lo stato dovrebbe occuparsi di questioni così private dei cittadini? Non ha altre priorità? Anche tecnicamente, combattere la solitudine sembrava una questione complicata da definire. L’obiettivo era nobile – riformare le comunità, dando priorità alla salute mentale, al benessere collettivo – ma le idee (e i fondi) scarseggiavano. Poi è arrivata la pandemia, e con la pandemia il lockdown.
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