Politica e Covid
La diplomazia dei vaccini cinesi, almeno in Asia, va alla grande
Da Duterte a Orban, da Carrie Lam a Joko Widodo. Tutti puntano su Pechino (tranne il Vietnam)
Il presidente filippino è andato personalmente in aeroporto ad aspettare l’arrivo dei vaccini donati dalla Cina. Il primo ministro ungherese è stato il primo leader dell’Ue a farsi fotografare mentre riceveva una dose ddi quello della Sinopharm. Sul fronte anti-Pechino, il primo ministro indiano, Narendra Modi, si è vaccinato con l'autoctono Covaxin
Il presidente filippino Rodrigo Duterte è andato personalmente in aeroporto ad aspettare l’arrivo dei vaccini cinesi. Seicentomila dosi del vaccino Sinovac donate da Pechino e arrivate l’altro ieri con un volo di stato cinese. Da mesi Duterte dice che i paesi occidentali più ricchi non hanno mai offerto aiuto al paese, ha minacciato gli Stati Uniti di mandare all’aria gli accordi militari “se non ci mandano subito venti milioni di vaccini: niente vaccini, fuori le basi militari americane dal nostro paese”. Ma le Filippine, che avrebbero dovuto ricevere già da tempo 117 mila dosi del vaccino Pfizer-BioNTech attraverso il consorzio internazionale Covax, in realtà non avevano mai approvato le norme per distribuirlo. E così Duterte ha dato il via alla campagna vaccinale filippina – la più in ritardo dei paesi del gruppo Asean – con un notevole spot alla propaganda di Pechino.
Nelle stesse ore in cui Duterte aspettava in aeroporto le fiale della Sinovac, il primo ministro ungherese Viktor Orbán era il primo leader dell’Ue a farsi fotografare mentre riceveva una dose del vaccino sviluppato dalla cinese Sinopharm, da cui l’Ungheria ha acquistato 5 milioni di dosi. L’11 febbraio scorso, era stata la prima ministra serba Ana Brnabic ad accogliere in aeroporto la prima tranche di vaccini di Sinopharm: 500 mila.
Se l’occidente continua a guardare con sospetto ai vaccini cinesi per una questione di sicurezza, sono soprattutto i paesi asiatici, loro malgrado, a fare da sponsor alla “diplomazia dei vaccini”, cioè il tentativo politico di Pechino di ripulire la propria immagine post-pandemia ed espandere influenza grazie all’emergenza. Le immagini di Carrie Lam, la chief executive di Hong Kong, che si fa vaccinare con un vaccino cinese hanno un significato soprattutto politico: guardate, senza Pechino non potremmo farcela.
Dalla parte opposta, cioè nel lato della propaganda anti-cinese, c’è il primo ministro indiano Narendra Modi, che ieri ha pubblicato una foto nella quale due operatori gli iniettano la prima dose del vaccino Covaxin, prodotto dall’indiana Barat Biotech e di cui si sa molto poco. L’India, che dopo gli Stati Uniti ha il più alto numero di contagi di Covid, ha cercato di promuovere in tutti i modi il Covaxin ma la campagna vaccinale va a rilento, perché chi può sceglie di farsi il vaccino di AstraZeneca.
Le Filippine hanno acquistato 25 milioni di dosi dall’azienda cinese Sinovac. Duterte ha detto di voler andare a Pechino per “ringraziare personalmente” il presidente cinese Xi Jinping. Ma a chi gli chiedeva se si sarebbe vaccinato subito, per mandare un messaggio agli antivax, Duterte ha risposto che il suo medico vuole per lui “un altro tipo di vaccino”.
L’Indonesia, l’altro gigante asiatico alleato tradizionale dell’America e con molti problemi diplomatici con la Cina – specialmente per quel che riguarda il Mar cinese meridionale – ha iniziato il suo programma vaccinale il 13 gennaio scorso, puntando tutto sulla Cina. Quello stesso giorno, davanti alle telecamere, il presidente indonesiano Joko Widodo si è fatto iniettare una dose del Sinovac. A oggi 2,6 milioni di persone (su oltre 260 milioni di abitanti) sarebbero già state vaccinate, e a breve potrebbe anche cambiare la strategia di immunizzazione: finora è stata data priorità agli operatori sanitari e ai dipendenti pubblici, ma a breve il vaccino dovrebbe essere aperto agli anziani (nonostante i dubbi iniziali dell’agenzia di controllo legati alla sicurezza) e sarà autorizzato l’acquisto da parte delle aziende per immunizzare i propri dipendenti. Giacarta ha speso milioni di dollari per i vaccini cinesi, Sinovac e Sinopharm, ordinando rispettivamente 50 e 60 milioni di dosi. Insieme alle Filippine, il Laos e la Cambogia, l’Indonesia è il più grande successo della “diplomazia dei vaccini” cinese. L’unico paese dell’area Asean che ha deciso di allontanarsi da Pechino per l’immunizzazione è il Vietnam, che citando motivi di “sicurezza nazionale” ha deciso di trattare con AstraZeneca e di andare avanti con la sperimentazione del suo vaccino autoctono.