Salvataggi /2
Macron e la trappola ecologista
Il corteggiamento del presidente francese al mondo green sta andando male. Le spaccature nel governo
“Sarebbe bene che l’esecutivo parlasse all’unisono. Perché il rischio è quello di far passare l’idea che non esista una dottrina chiara sull’ecologia”. A parlare in questi termini è un tenore della République en marche (Lrem), il partito del presidente francese Emmanuel Macron. Perché l’ambizioso progetto di legge “clima e resilienza” che arriverà all’Assemblea nazionale a fine marzo e attraverso il quale il capo dello stato spera di attrarre l’elettorato con sensibilità green in vista delle presidenziali del 2022, sta mettendo tutti contro tutti, anche all’interno dell’esecutivo.
Barbara Pompili, ministro della Transizione ecologica e promotrice del testo, ha rilasciato venerdì scorso un’intervista molto polemica al sito specializzato in materia ambientale Reporterre, affermando che non accetterà “alcun ridimensionamento delle ambizioni all’Assemblea nazionale” in occasione dell’esame del progetto di legge. Uscita sconfitta da diversi arbitraggi durante la stesura del progetto, la ministra cresciuta nei ranghi dei concorrenti per le presidenziali di Europe écologie les Verts ha voluto mandare un segnale forte ai suoi colleghi, chiedendo ai deputati più vicini alle sue posizioni di presentare una serie di emendamenti per imporre un giro di vite ecologista e assicurando che lei, nonostante le accuse di “radicalismo ecologico”, non arretrerà di un millimetro. Il messaggio è andato di traverso al presidente Macron.
Quando Macron aveva nominato Pompili, le aveva chiesto equilibrio e morigeratezza, e non di essere un’altra scheggia impazzita come Nicolas Hulot, l’ex ministro star dell’Ambiente che si era dimesso in polemica in diretta radiofonica. “L’intenzione è lodevole, con la precisazione che il Parlamento è sovrano nell’elaborazione e nel voto della legge”, ha reagito Richard Ferrand, presidente dell’Assemblea nazionale e fedelissimo di Macron. Come sottolineato dal Figaro, il commento acido di Ferrand ha il valore di una sconfessione nei confronti di Pompili e mostra bene fino a che punto il blocco macronista sia spaccato. “Il rischio è di essere intrappolati tra due fuochi. Tra quelli che ascoltano gli industriali e quelli che ascoltano gli ecologisti. E’ come se stessimo alimentando questo conflitto. Dobbiamo invece mettere in atto una grande riconciliazione tra economia e ecologia, tra democrazia partecipativa e democrazia rappresentativa”, ha spiegato la capogruppo dei deputati Lrem Aurore Bergé.
I più arrabbiati e delusi, sia dalla cacofonia del governo sia dall’assenza nel testo di alcune misure, sono i centocinquanta cittadini della Convention citoyenne pour le climat (Ccc), il comitato istituito dall’Eliseo nella primavera del 2019 per avanzare proposte in materia di ambiente al fine di ridurre le emissioni di Co2 del 40 per cento (rispetto al 1990) entro il 2030. Domenica, i membri della Ccc si sono espressi sulla “presa in considerazione” delle loro centocinquanta proposte da parte del governo. In nessuno dei temi l’esecutivo francese ha raggiunto la sufficienza: per il pacchetto di misure riunite sotto il titolo “abitare” ha ottenuto una media di 3,4 su 10, per le aree “produrre e lavorare”, “nutrirsi” e “muoversi” ha incassato 3,7, per il capitolo “consumare” 4 e per quello inerente alle “proposte sulla governance” 4,1. “La Convention citoyenne pour le climat ha messo il cappello da somaro al governo”, ha detto Greenpeace, parlando di un “verdetto più che feroce” per l’Eliseo. Nata da un’idea di Macron dopo la crisi dei gilet gialli, la Ccc si sta trasformando in una trappola per il presidente della Repubblica: la “trappola dell’ecologia radicale”, scrive il Figaro.