Il successo della ricetta australiana contro il Covid
Davanti allo stop delle forniture Ue di AstraZeneca, il premier Morrison può permettersi il lusso dell'indulgenza: merito di una quarantena super efficace, della normalità ritrovata e di un doppio schiaffo poderoso a Pechino e Zuckerberg. Converrà farseli amici, questi Aussies
“In Italia muoiono 300 persone al giorno. Posso capire lo stato d’ansia che regna nel Paese, così come in una buona parte d’Europa. Non è la situazione dell’Australia, per nostra fortuna”. Già, per capire l’atteggiamento disponibile del premier australiano Scott Morrison basta sfogliare le pagine di un quotidiano di Melbourne o di Sidney: sabato scorso 36 mila tifosi hanno assistito dagli spalti dello stadio di Brisbane al match di rugby tra gli Aussie e i rivali della Nuova Zelanda, a conferma che da queste parti la vita è tornata alla normalità. Lo confermano i dati in arrivo dal quartier generale della lotta alla pandemia: nello Stato di Vittoria l’ultimo caso segnalato di contagio risale a 15 giorni fa, al di fuori dell’efficiente rete dei centri di quarantena, ormai ripuliti dall’infezione. E, tanto per confermare lo stretto legame tra salute dei cittadini e stato dell’economia, nella stessa giornata di sabato l’indice della fiducia dei consumatori segnalava il massimo da sette anni. La conferma della buona salute dell’economia è arrivata ad inizio settimana: il pil del quarto trimestre è salito del 3,3 per cento, e si prevede che entro giugno il Paese cancelli il gap accumulato sotto i cieli della pandemia
Fortunata la terra dei canguri, insomma, così fortunata da concedersi il lusso di una protesta soft verso il veto posto dall’Unione Europea, su richiesta di Mario Draghi, all’export dei vaccini di AstraZeneca. Ma il quadro non è così semplice. Per più motivi. Tanto per cominciare, la fortuna non c’entra. Il successo della ricetta australiana discende dalla quarantena, rigida, anzi implacabile, che il gigante australe, in pratica autosufficiente, si è imposto per 112 giorni di clausura quasi assoluta, combinata con un coprifuoco altrettanto severo. E’ così che l’Australia, che all’inizio della seconda ondata di pandemia accusava 700 casi di contagio al giorno nel solo Stato di Victoria (quello di Melbourne), ha debellato l’epidemia.
Un successo di cui gli australiani vanno giustamente fieri perché, a differenza di quanto avvenuto in Cina, la lotta contro il coronavirus non ha nemmeno sfiorato le libertà individuali. Anzi, la lotta contro la pandemia ha coinciso con lo scoppio di un confronto durissimo con Pechino cui Canberra ha contestato nelle sedi internazionali i troppi silenzi colpevoli sull’origine del Covid-19 in quel di Wuhan. Per tutta risposta Xi Jingping, confidando nella dipendenza dell’Australia dagli acquisti cinesi, ha scatenato una vera e propria guerra commerciale contro l’Australia, alzando alle stelle i dazi sul vino e sulle derrate agricole. Mal gliene incolse, però: complice la ripresa dell’economia, l’industria cinese si è trovata senza alternative al ferro e agli altri metalli in arrivo dal sottosuolo australiano. In cambio, a Sidney se la sono legata al dito al punto da imporre limiti molto rigidi allo shopping cinese di aziende, quest’anno in forte calo (meno 61 per cento) non solo nei settori strategici.
Anche il Drago, insomma, si è trovato a fare i conti con l’orgoglio del Paese dei canguri che ha pure trovato tempo e modo per fare la guerra a Facebook, cui ha imposto, primo al mondo, l’obbligo di pagare per i contenuti del social network. “Quest’anno – sillaba con orgoglio Morrison – ho parlato più volte con Mark Zuckerberg che con mia moglie”. Non è certo per timidezza, insomma, che Canberra ha scelto la linea morbida nei confronti di Bruxelles, nonostante che i vaccini già prenotati siano considerati una fornitura strategica in attesa che, entro la fine del mese, cominci la produzione locale di AstraZeneca. Il governo, che comunque ha chiesto alla Ue di rivedere la decisione di Draghi (applaudita dalla Francia, qualche riserva e preoccupazione tedesca), intende infatti dotarsi di una robusta riserva di vaccini per affrontare le insidie di un percorso ancora a rischio, specie a fronte del confronto con il colosso cinese. La partita, insomma, va assai al di là della pandemia. E’ una guerra che si combatte con le armi della scienza in cui l’Australia intende dotarsi al più presto di fabbriche per produrre vaccini a base di mRNA. E prima o poi sarà saggio che l’Europa si allei con questa nazione ricca di coccodrilli e serpenti velenosi, capace di sostenere per 112 giorni una quarantena democratica.