Vicini di casa
Il Canada è la prima vittima del nazionalismo sui vaccini dell'insospettabile Biden
Il Canada non ha capacità produttiva, dipende dalle importazioni. E l'America vuole soddisfare prima la domanda interna e poi occuparsi degli altri. Se anche l'Ue inizia i blocchi all'esportazione, il piano del premier Trudeau è in grande difficoltà
L’approccio dell’America nella cosiddetta diplomazia dei vaccini non è quello tipico della superpotenza: laddove Russia e Cina utilizzano il vaccino come strumento di soft power per allargare le proprie sfere di influenza (la Russia fa un passo ulteriore: vorrebbe che l’Ue le finanziasse i propri stabilimenti, perché Mosca non ha modo a oggi di fornire per davvero tutte le dosi di Sputnik che promette), l’America decide di non farlo nemmeno in quel che viene chiamato “il suo giardino di casa”
Ieri il Canada ha approvato il vaccino Johnson & Johnson: aveva già preacquistato 10 milioni di dosi e ha un’opzione per altri 28 milioni di dosi. Questo è il quarto vaccino introdotto in Canada, dopo Pfizer, Moderna e AstraZeneca, ma il governo di Justin Trudeau è sotto grande pressione perché l’approvvigionamento e la somministrazione sono lenti: le autorità sanitarie regionali hanno già previsto di allungare i tempi fra la prima e la seconda dose. Secondo Our World in Data, il Canada somministra vaccini a 5,75 persone ogni cento, un numero superiore alla media mondiale ma molto lontano dai 24,95 ogni cento abitanti dei vicini di sotto, gli Stati Uniti (e anni luce rispetto a Israele ed Emirati Arabi Uniti ma questo vale per tutti). Il problema è che il Canada non produce alcun vaccino, quindi il suo approvvigionamento dipende del tutto da paesi stranieri: quando Pfizer ebbe problemi con il suo stabilimento in Belgio e fu costretto a tagliare le consegne anche in Europa, il Canada fu la vittima principale. Quando sente parlare di nazionalismo sui vaccini, Trudeau si allarma, e infatti ha cercato di ovviare a questa minaccia chiedendo dosi, unico paese del G7, dal programma Covax, che rifornisce tutto il mondo. Ma nulla sarebbe così problematico e grave se l’assenza di solidarietà non fosse proprio quella degli Stati Uniti. Gli Stati Uniti con cui il Canada ha un accordo di libero scambio (il Nafta). Gli Stati Uniti che non sono più guidati dall’odiato Trump bensì da Joe Biden, che pure non ha cambiato approccio.
Come si sa, la campagna di vaccinazione americana va molto bene, Biden ha annunciato che a maggio le persone adulte avranno avuto almeno una dose. Ma per ottenere questi risultati, l’America utilizza tutta la propria capacità produttiva per i propri cittadini: al Canada (persino al Canada, dicono i canadesi), l’Amministrazione ha detto che deve attendere che venga soddisfatta la domanda interna, poi si passerà all’esportazione. Sui giornali canadesi si parla apertamente, denunciandolo, di Biden “nazionalista sui vaccini”, espressione che fa ancor più scalpore visto che questo presidente avrebbe dovuto emendare le storture del suo predecessore, che era stato particolarmente odioso con il Canada e con Trudeau stesso in termini di protezionismo. Insomma, dall’America di Biden ci si aspettava di più e di meglio. A sua discolpa (e anche di Trump), va detto che la legge che garantisce queste restrizioni è di quindici anni fa, non è un’invenzione della stagione in cui il nazionalismo andava di moda. Ma si sa che se ci fosse la volontà politica, la solidarietà sui vaccini potrebbe essere mostrata in molti modi, per di più con un paese che non ha alcuna capacità produttiva interna.
L’approccio dell’America nella cosiddetta diplomazia dei vaccini non è quello tipico della superpotenza: laddove Russia e Cina utilizzano il vaccino come strumento di soft power per allargare le proprie sfere di influenza (la Russia fa un passo ulteriore: vorrebbe che l’Ue le finanziasse i propri stabilimenti, perché Mosca non ha modo a oggi di fornire per davvero tutte le dosi di Sputnik che promette), l’America decide di non farlo nemmeno in quel che viene chiamato “il suo giardino di casa”, Canada e Messico. La parola chiave dell’Amministrazione Biden è “per il momento”, ma sappiamo tutti che il tempo non è una variabile neutra in queste campagne di vaccinazione. Due giorni fa, Trudeau ha detto di aver parlato con Biden e di essere ottimista, ma di non aver ricevuto garanzie. Tradotto significa: se inizia la guerra nazionalista sui vaccini, la prima vittima è il Canada.