Roma. Giovedì 4 marzo, due professori dell’Università Sciences Po di Grenoble arrivando in facoltà vedono i loro nomi scritti a caratteri cubitali all’ingresso dell’ateneo, accanto alle scritte “i fascisti nelle nostre aule” e “l’islamofobia uccide”. E il volto di uno dei due professori, come caricatura ma facilmente riconoscibile. Vincent T. e Klaus Kinzler, i nomi dei due professori, tenevano un corso su “Islam e musulmani in Francia”. Il sindacato di maggioranza, l’Union Syndicale Sciences Po Grenoble, aveva pubblicato sui social un appello a testimoniare sui “commenti problematici” che potrebbero avere sentito in questo corso. “E’ una storia che mi ha subito fatto pensare a Samuel Paty, hanno chiaramente messo un bersaglio sulla loro schiena”, ha detto uno studente. “D’ora in poi, la mia sicurezza e quella della mia famiglia sono coinvolte”, ha dichiarato Vincent T. al Figaro. Quanto a Kinzler, era stato criticato per aver messo in dubbio la legittimità del concetto di “islamofobia” e anche lui al Figaro dice: “Sono un semplice professore associato, non un grande ricercatore. Ma sono sconvolto dal silenzio della maggior parte dei miei colleghi di fronte a questo tipo di processo. Trovo difficile sopportare questa pressione. In 25 anni di carriera, il peggio per cui sono stato criticato era di essere liberale, mai islamofobo o fascista”.
La Francia aveva appena finito di parlare di Didier Lemaire, il professore di filosofia di Trappes sotto scorta e costretto a smettere di insegnare per avere detto che la sua città è stata “presa” dagli islamisti, che arrivano altri due professori minacciati. “Chiamare le persone fasciste è un insulto, esiste un reale pericolo che questi insegnanti vengano minacciati e subiscano conseguenze”, ha spiegato un magistrato all’Agence France-Presse. La ministra dell’Istruzione superiore, Frédérique Vidal, ha condannato le accuse di islamofobia nei confronti di due professori di Sciences Po, denunciando “tentativi di pressione e intimidazione” da parte di quell’islamogoscismo denunciato da Vidal e su cui si era appena sollevato un polverone.
Invitato ai microfoni di Europa 1, Kinzler dice di essere stato “punito per aver espresso un’opinione diversa dalla doxa di estrema sinistra”. Valérie Pécresse, presidente dell’Ile-de-France, sul caso dice: “Non dimentico cosa è successo a Samuel Paty”, così come il capo dei senatori dei Repubblicani, Bruno Retailleau, sostiene che la Francia deve rispondere se “non vogliamo rivivere una tragedia come quella che è costata la vita a Samuel Paty”. Unanime la presa di posizione. “Dopo la decapitazione di uno dei nostri insegnanti, dopo le minacce che gravano su troppi di loro, un sindacato sta consapevolmente mettendo in pericolo due insegnanti”, denuncia la deputata macroniana Aurore Bergé. “Qual è il prossimo passo?”.
Sul Point lo scrittore algerino Boualem Sansal, che per Neri Pozza ha appena pubblicato il suo nuovo romanzo “Il treno di Erlingen”, scrive che su tutta la terra tante persone vivono nei sistemi orwelliani. “E’ evidente in Corea del nord, la terra delle ombre cinesi; in Arabia Saudita, la terra dei due luoghi santi, dove pace e jihad sono una cosa sola; in Cina, il paese del capitalismo moderno e del comunismo tradizionale uniti in un imperialismo trionfante, in cui l’essere umano ha raggiunto l’altissimo stadio di provata inesistenza”. All’altra estremità c’è l’Europa dell’Illuminismo. “Se diamo un’occhiata, vedremo che le leggi di Orwell sono all’opera anche lì e guadagnano terreno”, scrive Sansal. “In Francia bastano pochi giri di vite e un giorno raggiungerà il livello cui l’Oceania, il paese del Grande Fratello, era arrivato in ‘1984’”.
L’accusa di islamofobia è il nuovo psicoreato. Basta il sospetto, anche falso come nel caso di Samuel Paty, per annientare una persona.
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