Le tante anime dei Grünen, tra derive ecologiste e ambizioni (solide) di governo
Dai tempi di Schröder, i Verdi sono molto cambiati: si sono fatti più atlantici e borghesi. Guidati dal carismatico duo Habeck-Baerbock, sono diventati partito occidentale per eccellenza
Sono arrivati per la prima volta al governo federale sulla scia del socialdemocratico Gerhard Schröder nel 1998. Allora i Verdi tedeschi avevano il 6,7 per cento e 47 deputati contro i 298 della Spd. Ma Schröder aveva bisogno di loro per diventare cancelliere e finì per concedere ai piccoli Grünen tre ministeri, inclusi gli Esteri assegnati a Joschka Fischer. Quando nel 2005 Angela Merkel inaugurò la sua prima grande coalizione, gli ecologisti tornarono all’opposizione a occuparsi di lotta al nucleare. Una battaglia che, il giorno dopo il disastro di Fukushima di dieci anni fa, Merkel scippò dalle loro mani. Quel “borseggio” ha finito per giovare ai Grünen: a settembre 2021 la Germania torna al voto e se i sondaggi saranno confermati, i Verdi saranno il secondo partito con il 18-20 per cento e diventeranno junior partner di governo della Cdu/Csu (blocco che viaggia attorno al 33 per cento).
Dai tempi di Schröder – quando quattro deputati Grünen negarono la fiducia al governo contro l’invio in Afghanistan di reparti della Bundeswehr – i Verdi sono molto cambiati: si sono fatti più atlantici e borghesi. Dal 2011, guidano il ricco Baden-Württemberg, dove il popolarissimo Winfried Kretschmann cerca domenica un terzo mandato, e sostengono il governo in altri dieci Länder. Dopo le elezioni dell’autunno 2017, gli ecologisti hanno anche sfiorato il ritorno al governo federale in coalizione con Cdu/Csu e Liberali, ma il progetto franò per il gran rifiuto di questi ultimi. Guidati dal carismatico duo Robert Habeck e Annalena Baerbock, i Verdi sono diventati partito occidentale per eccellenza, molto votato dagli elettori con titolo di studio da medio alto in su. Eppure anche i navigatissimi Grünen sono finiti di recente in alcune polemiche. “I Verdi non possono essere superati in termini di populismo e ipocrisia”, ha detto allo Spiegel il deputato dell’Spd Sören Bartol.
L’acrimonia è spiegata con le ultime novità del piano regolatore di Amburgo, città-regione a guida rosso-verde che ha vietato la costruzione di nuove casette unifamiliari. Una misura di carattere locale diventata un caso nazionale quando il capogruppo verde al Bundestag, Anton Hofreiter, ha detto che “le case monofamiliari consumano molto spazio, materiali da costruzione ed energia, causando l’espansione urbana e quindi ancora più traffico”. Bartol gli ha ricordato che proprio il Baden-Württemberg a guida verde è il Land dove più si costruiscono case unifamiliari, mentre Christian Hirte, leader della Cdu nell’orientale Turingia, ha detto che “Hofreiter incarna ancora una volta il rapporto disturbato dei Verdi con la proprietà privata”. Hirte ha poi infierito sulla scarsa popolarità degli ecologisti nell’est post comunista e rurale, aggiungendo velenoso: “Nei palazzoni socialisti andateci a vivere voi”.
Quello su Amburgo non è il primo scivolone degli ecologisti. Nel 2013 proposero una giornata vegetariana per legge alla settimana nelle mense tedesche: il progetto fu accolto dalle pernacchie. Nel 2017 il leader dei Verdi in Bassa Sassonia, Stefan Körner, suggerì di vietare gli acquisti online la domenica. Solo un anno fa i Verdi di Amburgo si dissero a favore del velo integrale nelle scuole, subito contraddetti dagli ecologisti del nordico Schleswig-Holstein, dichiaratisi contrari. Nel 2020 alcuni Grünen berlinesi hanno guardato con simpatia a un’iniziativa della sinistra comunista per espropriare 13 mila appartamenti nella capitale. In un paese la cui metà orientale ha subìto mezzo secolo di dittatura socialista, i tic dirigisti sono in genere molto mal tollerati, mentre i tentennamenti su islam, diritti e minoranze lasciano gli elettori interdetti. Molto impegnati a studiare da vicecancellieri, Habeck e Bearbock hanno tempo fino a settembre per fare ordine fra i Verdi.