Israele attacca le navi dell'Iran che violano le sanzioni
Negli ultimi diciotto mesi almeno dieci navi iraniane danneggiate da esplosioni mentre erano in rotta verso la Siria. Teheran non dice nulla perché è un traffico clandestino di armi e greggio gestito dai Guardiani della rivoluzione
Israele ha attaccato una decina di navi iraniane dirette verso la Siria – la maggior parte erano petroliere – negli ultimi diciotto mesi secondo fonti americane e fonti “regionali” citate dal Wall Street Journal, dove “regionali” potrebbe voler dire “israeliane” oppure di un paese del Golfo. Le fonti dicono che a febbraio alcuni agenti israeliani hanno attaccato una mina allo scafo di una nave iraniana alla fonda vicino alla costa del Libano e poi l’hanno fatta esplodere. Le mine attaccate di nascosto alle navi sarebbero l’arma più usata in queste operazioni.
La notizia data dal Wall Street Journal getta una nuova luce su tutta una sequenza di eventi che è verificata negli ultimi due anni su quella rotta marittima, a partire dall’annuncio da parte dei media iraniani di un “attacco codardo con due missili” avvenuto l’11 ottobre 2019 contro la petroliera iraniana Sabiti in navigazione nel Mar Rosso. Si trattò di una denuncia rara perché poi l’Iran ha smesso di parlare di attacchi in mare e ha mantenuto il silenzio per tutto questo tempo. Giovedì un canale Telegram iraniano non ufficiale ha mostrato le fotografie di un incendio a bordo della nave iraniana Shar e Kord e ha parlato di nuovo di un attacco “con due missili” proprio davanti al porto siriano di Latakia, una delle città controllate dal governo del presidente Bashar el Assad.
L’Iran tace perché questo traffico di navi e di greggio verso la Siria è in flagrante violazione delle sanzioni internazionali contro il governo di Assad ed è tutto gestito dai Guardiani della rivoluzione iraniani, la forza militare che si occupa delle operazioni all’estero. Le fonti dicono che secondo Israele alcune di queste navi sono cariche di armi e di equipaggiamento militare e le altre sono cariche di petrolio (equivale a dire: denaro) e che questo traffico fa parte della campagna iraniana cominciata nel 2015 per trasformare la Siria in una guarnigione militare pronta a una futura guerra. In pratica, questi attacchi contro le navi sarebbero la versione marittima di quello che succede già da anni sulla terraferma: ogni mese i raid aerei israeliani distruggono carichi militari arrivati in Siria dall’Iran, in particolare nella zona dell’aeroporto internazionale a sud della capitale Damasco.
Queste operazioni potrebbero essere una risposta ai quattro sabotaggi avvenuti nel maggio 2019 ai danni di quattro petroliere in transito nel Golfo Persico, che non sono stati rivendicati in via ufficiale da nessuno ma che le compagnie di assicurazione attribuiscono all’Iran – che così avrebbe voluto dimostrare quanto è facile bloccare una delle rotte più importanti del mondo. Lunedì un drone lanciato dalle milizie filoiraniane in Iraq ha colpito il terminal di Ras Tanura sulla costa saudita e nel settembre 2019 uno sciame di droni e di missili colpì la raffineria saudita di Abqaiq – con danni molto gravi. Questa guerra non dichiarata fra potenze regionali a colpi di bombe contro petroliere e raffinerie per una anomalia di percezione globale fa meno notizia del problema delle microplastiche in mare.
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