L'Alto rappresentante della politica estera e di sicurezza comune dell'Ue, lo spagnolo Josep Borrell (foto LaPresse)

"Niente bacchette magiche"

Borrell a Roma dice che l'Ue è pronta a vigilare sul cessate il fuoco in Libia

Luca Gambardella

Il capo della politica estera Ue sa, come tutti, che arrivano troppe armi al nostro dirimpettaio. L'obiettivo è impiegare la missione Irini per sorvegliare il paese dall'alto. Sull'accordo con Erdogan sui migranti dice al Foglio: "Non ci sono alternative al rinnovo"

"Non ho la bacchetta magica”, avvisa Josep Borrell al suo arrivo a Roma a chi gli chiede cosa ne sarà dei dossier su Libia, Russia e Turchia, tutti e tre intrecciati pericolosamente sulla scrivania del capo della diplomazia europea. A chi gli chiede cosa fare con i foreign fighter che Erdogan e Putin inviano da mesi a farsi la guerra dall’altra parte del Mediterraneo, Borrell risponde con un sorriso sornione e allarga le braccia. Solo poche ore prima era arrivata la replica di Vladimir Putin al presidente americano Joe Biden, che l’aveva definito “un killer”. “Chi lo dice lo è”, ha replicato Putin. Ovvio che il vertice con il nostro ministro degli Esteri Luigi Di Maio sia stato monopolizzato dallo scambio di battute d’altri tempi fra Washington e Mosca. “Non è nulla di nuovo in realtà – commenta Borrell per spiegare che l’Ue sta dalla parte di Biden senza mezzi termini – Non è qualcosa che stiamo scoprendo adesso: c’è una lunga lista di assassinii falliti, altri di successo contro figure chiave in Russia, inclusi politici e giornalisti” perpetrati da agenzie d’intelligence russe, e il capo del Cremlino va ritenuto responsabile di queste azioni. 

 

Poi l’Alto rappresentante della politica estera europea ricorda a tutti che è a Roma per parlare con il governo italiano  del dossier libico. “Abbiamo fatto il punto”, dice Borrell dopo l’incontro con Di Maio. Per l’Ue l’obiettivo mai esplicitato ma confermato da fonti vicine alla missione è quello di ottenere presto un mandato dalle Nazioni Unite per sorvegliare il cessate il fuoco. Per farlo ci sarebbero le strutture e i mezzi messi a disposizione da Irini, la missione dell’Ue che da un anno tenta di fare rispettare l’embargo delle armi al largo della Libia. Alla fine dello scorso anno era stato lo stesso Borrell a ventilare l’ipotesi di un gruppo di monitoraggio europeo. Allora, un documento confidenziale intercettato da Politico Europe smontò le aspirazioni del capo della diplomazia europea (“è una pazzia”, commentò una fonte al giornale). Ora però sono stati fatti passi avanti che l’entourage di Borrell non vuole ignorare. “Siamo in una fase positiva, dobbiamo sfruttarla”, dice l’ex ministro degli Esteri spagnolo. Irini oggi compie un anno, il rinnovo del mandato è cosa certa: sarà di altri due a partire dal mese prossimo. “Al momento l’idea potrebbe essere quella di sorvegliare dall’alto la Libia e il nuovo governo potrebbe dare il via libera al sorvolo”, dice al Foglio una fonte informata. Lo dice anche chiaramente Borrell: “Aspettiamo che l’Onu ci dia un mandato. Se mai dovesse arrivare noi ci faremo trovare pronti”. 

 

C’è ottimismo, ma la stabilizzazione in Libia resta ancora tutta da decifrare. L’insediamento del nuovo premier ad interim Abdul Hamid Dbeibah e di un suo gabinetto non basterà probabilmente a portare all’integrazione delle milizie in un esercito regolare. Queste continuano a essere foraggiate da un flusso continuo di armi e mercenari provenienti dall’estero. “Un embargo totalmente inefficace”, ha concluso un rapporto lungo 500 pagine diffuso in questi giorni da un gruppo di esperti delle Nazioni Unite. Il rapporto traccia uno scenario ben diverso da quello ottimista che invece il nuovo governo ad interim prova a comunicare  all’esterno. Gli esperti dell’Onu hanno messo insieme tutte le violazioni dell’embargo e il risultato è desolante sotto quasi tutti i punti di vista. Turchia, Emirati Arabi Uniti, Giordania, Egitto e Russia sono responsabili di avere trasportato materiale illecito in Libia fino all’inizio di quest’anno. Ponti aerei, estrema permeabilità del tratto di mare al largo del paese, sanzioni finanziarie facilmente aggirate. Come non bastasse, le accuse di corruzione che già insidiano il governo di unità nazionale. A Ginevra, durante le operazioni di voto dell’esecutivo provvisorio che dovrebbe portare al voto a dicembre, alcuni delegati sarebbero stati comprati per votare in favore di Dbeibah. Nel report, il paragrafo dedicato a queste accuse è l’unico oscurato e segnato come “confidenziale”. In un paper pubblicato per il Carnegie Endowment for Peace, l’esperto di Libia Anas el Gomati, del Sadeq Institute ha spiegato che le premesse non sono buone. “Per ora il sistema impostato dalle Nazioni Unite garantisce la pace nel breve periodo, ma avrà un costo nel lungo”. 

 

A preoccupare l’Europa c’è ancora la Turchia di Recep Tayyip Erdogan che continua a violare l’embargo in Libia e minaccia di aprire e chiudere i rubinetti dei migranti sul fronte meridionale e su quello orientale dei Balcani. E anche se “sappiamo benissimo quello che sta succedendo in Libia”, come spiega Borrell, i prossimi mesi saranno intensi dal punto di vista diplomatico fra Ankara e Bruxelles. L’accordo sui migranti sta scadendo e Ankara chiede di rinegoziarlo. Nonostante in molte cancellerie europee si sia coscienti che Erdogan userà questo accordo come arma di ricatto, si è anche consapevoli che per ora non ci sono alternative al rinnovo dell’intesa. “Non posso immaginare come possa l’Ue farne a meno – ammette Borrell interpellato dal Foglio – perché in questi cinque anni ha salvato moltissime vite e ora i flussi dei migranti sono molto più bassi”. Non c’è scelta che sedersi al tavolo con Erdogan e trattare, dunque, consapevoli che il dossier sui migranti potrebbe trascinare con sé nelle discussioni anche quello sulla Libia e sulla Siria. Si comincerà a parlarne già dal prossimo Consiglio europeo del 25 e 26 marzo. D’altra parte, conclude l’Alto rappresentante della politica estera dell’Ue, “l’immigrazione è un fenomeno che è qui per restare. E non scomparirà”.

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  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.