Paura di Sputnik

Perché Putin non si vaccina?

I non russi non si fidano del vaccino e vogliono vedere se lo fa prima il presidente

Micol Flammini

La parabola del leader russo che mostrava il petto e ora nasconde il braccio

Roma. La fiducia dei russi nei confronti dello Sputnik V è molto bassa. Secondo l’ultimo sondaggio del Levada center, istituto indipendente di ricerca, i cittadini disposti a ricevere una dose di vaccino russo sono circa il 30 per cento della popolazione. E’ addirittura più alta la percentuale di chi ha dichiarato di non aver paura di contrarre il Covid: il 56 per cento. Qualcuno dice di non volerlo fare perché si fida poco delle istituzioni, qualcuno perché non percepisce più il virus come un’emergenza, e altri, tanti, si domandano: se non lo fa neppure il presidente Vladimir Putin  perché dovrei farlo io? 

 

Alcuni capi di stato e di governo, per paura che le loro campagne di vaccinazione potessero non avere successo, hanno porto il braccio per primi. Così hanno fatto l’israeliano Netanyahu e l’americano Biden, ma non Putin. Il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, si accartoccia in scuse poco plausibili quando alle conferenze stampa i giornalisti gli domandano: ma il presidente quando si vaccinerà? All’inizio era facile da spiegare: Putin ha 68 anni e Sputnik V non  era stato approvato per gli over 60. Ma questa scusa è venuta giù, ora possono farlo tutti. I russi sono tornati alla carica. Peskov ha spiegato che per il momento il presidente ha già ricevuto altri  vaccini, tra i quali quello per l’influenza, e i medici non consigliano di farne  troppi tutti insieme. Putin, forse stanco di sentirselo chiedere, ha fatto sapere che  farà il vaccino ma più in là, forse in autunno. E poi ha aggiunto: “Non scimmiotterò gli altri, non ci saranno  telecamere”. Eppure il gesto per i russi scettici nei confronti del vaccino vorrebbe dire molto. E tanto significherebbe anche per spingere un vaccino nato con lo scopo di  competere con tutti gli altri. Neppure la televisione di stato, un’arma di  persuasione importante per il Cremlino, gli dedica spazio  e le ultime parole del presidente non sono bastate a rispondere alla domanda: ma perché Putin non si vaccina?

 

C’era un Vladimir Putin pre pandemia e ce n’è uno post pandemia. Il capo dello stato russo è cambiato durante quest’ultimo anno,  e  da che eravamo tutti abituati a vederlo guidare carri armati, testare camion, cavalcare a torso nudo, fare judo, ora – con l’eccezione di quando ha portato il dittatore Lukashenka a sciare – si è trasformato in una figura a mezzo busto dietro a una scrivania. Era a mezzo busto  anche ieri quando durante una video conferenza in occasione dei sette anni dall’annessione della Crimea ha risposto al capo della Casa Bianca che mercoledì  durante un’intervista gli ha dato dell’assassino: “Chi lo dice sa di esserlo”. Da marzo dello scorso anno Putin si è rinchiuso. Abituato ormai a governare in teleconferenza, passa dalla sua dacia fuori Mosca a quella Sochi. Chi va a trovarlo deve sottoporsi a quattordici giorni di quarantena, fa incontri a porte chiuse con pochissimi giornalisti. I russi, soprattutto i più giovani, hanno iniziato a chiamarlo il nonno nel bunker, perché in un anno il presidente si è allontanato da tutto, sviluppando un atteggiamento paranoico nei confronti del virus e forse anche della Russia. Nelle teleconferenze gioca con penne e matite e c’è chi intravede tremolii, chi cerca di capire se è nervoso, chi va a caccia di dettagli per indovinare dove  sia rifugiato. 

 

A primavera, quando i numeri dei contagi di Mosca iniziavano a essere molto preoccupanti e il sindaco della città aveva annunciato la costruzione di ospedali covid, il presidente si presentò in uno di questi centri con un pastrano giallo protettivo e si lasciò fotografare nell’emergenza. Qualche giorno dopo venne fuori che il medico che lo accompagnava nel tour, Denis Protsenko, era positivo, Putin gli aveva anche stretto la mano, e da quel momento non ci furono più uscite pubbliche fino a luglio. 

 

Il presidente si è rinchiuso in un bunker prima fisico e poi mentale e il suo entourage sembra non fare altro che proteggere la sua alienazione,  l’ha lasciato allontanarsi con il massimo del potere in mano: la scorsa estate è stata approvata la riforma della Costituzione che prevedeva l’annullamento dei suoi mandati  precedenti.  

Non esiste probabilmente una risposta logica alla domanda che si fanno i russi, Putin è lontano da tutto, anche dal suo vaccino, che ha la V di victory, ma che lui sta contribuendo a indebolire. Intanto c’è chi lo trova stanco, chi guarda come muove la penna e dice che è malato, e Peskov risponde: Il presidente gode di una salute “eccellente” e il suo programma di vaccinazione “viene eseguito per mantenerla tale”. Ma tra tutte queste vaccinazioni, per lo Sputnik, ancora non si è trovato il tempo. Quando i russi non ottengono risposta alla loro prima domanda, se ne pongono una seconda: avrà mica paura del suo vaccino?

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)