Cacciare le bugie dal mercato delle idee
Il prof. americano Cass Sunstain ha scritto (un altro) libro su un tema attuale: si può tracciare un confine tra la libertà di esprimersi e la libertà di mentire? Storia delle menzogne e di come trasformano le democrazie
“Liars” è un libro complicato e attualissimo, come spesso accade a questo professore pop: è un’indagine sulle bugie, sulla loro natura, sul punto in cui si traccia il confine tra la libertà di espressione e la libertà di mentire. La domanda è: dire bugie è un reato?
Un paio di sere fa Cass Sunstein e Samantha Power si sono collegati su Zoom da due stanze diverse dello stesso appartamento a Washington (lui nel salotto imperiale, lei in una stanzina disadorna) e lei ha presentato l’ultimo libro di lui. “Liars”, bugiardi. Una delle coppie più famose dell’establishment democratico americano, Sunstein e Power si sono trasferiti di nuovo a Washington, la Power è stata chiamata nell’Amministrazione Biden, mentre Sunstein sta pubblicando libri su libri ed è considerato il costituzionalista e comportamentista più citato e famoso del paese.
“Liars” è un libro complicato e attualissimo, come spesso accade a questo professore pop: è un’indagine sulle bugie, sulla loro natura, sul punto in cui si traccia il confine tra la libertà di espressione e la libertà di mentire. La domanda è: dire bugie è un reato?
Sullo sfondo c’è Trump, cioè il presidente dalle millemila bugie, soprattutto l’ultima, quella delle “elezioni rubate”, che ha portato all’assalto del Campidoglio e poi all’impeachment postumo. Durante il processo i repubblicani sostenevano che non fosse importante che Trump avesse detto una bugia: se non aveva incitato alla violenza, aveva tutti i diritti di dire quel che pensava. Anche ora il mondo conservatore è impegnato in una battaglia contro la cancel culture: i democratici vogliono cancellare le idee con cui non sono d’accordo, cioè le nostre. Ma c’è un elemento rilevante, oltre l’indignazione e l’incapacità di gestire il dissenso: un conto è avere idee divergenti, un altro è dire bugie.
Secondo Sunstein le bugie non sono sbagliate per principio: se mentire è sbagliato dipende dalle circostanze. “Non è moralmente obbligatorio lasciare che una persona con una pistola trovi la persona che vuole uccidere. Potrebbe essere invece moralmente obbligatorio mentire, se l’obiettivo è salvare la vita di una persona”, scrive Sunstein: “Al contrario di quel che pensava Kant, il principio del non mentire può essere superato se in gioco ci sono cose troppo grandi o troppo piccole”. Salvare la vita di un altro, o mentire per non ferire – le cosiddette “bugie bianche”.
Sunstein espone anche un’altra teoria, che fu proposta da Oliver Wendell Holmes, giurista americano che è stato nella Corte suprema per quasi trentacinque anni, all’inizio del Novecento. “Il test migliore della verità è il potere di un pensiero di essere accettato nel mercato delle idee”, diceva il giurista. Il rimedio alle falsità non è il divieto, ma il “counterspeech”, come lo chiama Sunstein, cioè la promozione di un dibattito più aperto e profondo in cui la verità alla fine vince. Ma oltre al mercato c’è il fattore umano: studi psicologici mostrano che le persone preferiscono le bugie “congeniali” alle verità difficili da accettare. E’ il motivo per cui slogan semplici e falsi s’impongono sulle verità complesse. Come fare poi se il mercato è così vasto e disomogeneo come quello dei social? Sunstein propone alcune regolamentazioni per disincentivare le bugie, ma nulla che possa costruire un’architettura in grado di togliere dal mercato le bugie.
E’ come se ammettesse che le democrazie che promuovono la libertà d’espressione hanno pochi strumenti per impedire le menzogne: la forza del liberalismo è anche la sua più grande debolezza, il confine tra libertà di esprimersi e libertà di mentire non si può tracciare. Si può investire per creare mercati delle idee che espellono le menzogne, questo sì, a partire da ognuno di noi.