Lezioni dal lockdown in Francia

Simonetta Sciandivasci

Macron chiude il paese per la terza volta ma i francesi possono andare a scuola e dal parrucchiere, perché a casa ci stanno gli adulti (piaccia o no al Covid)

La Francia va in lockdown per la terza volta ma non chiude le scuole, che nella sua laïcité considera luoghi di culto, e nemmeno chiude i parrucchieri, che nella sua liberté considera luoghi di pari opportunità. E ha ragione, fa bene, è stato pur sempre un francese, Patrice Leconte, a insegnarci che le uniche donne da sposare a occhi chiusi sono le parrucchiere, che “emanano profumo d’amore” e s’ammazzano prima che l’amore finisca, sapendo che tanto finisce. Dice il Giornale che questo terzo lockdown certifica il fallimento di Macron. Sarà. A noi pare che il Covid abbia laureato in fallimento tutti o quasi tutti, dai francesi ai messicani passando per i tedeschi e naturalmente gli italiani, ma evidentemente siamo state orbate dalla peggiore forma di relativismo, la prospettiva femminile.

 

Dev’essere quella prospettiva che oggi ci fa dire, per la milionesima volta, che in Francia comandano le signore, si fa e disfà come dicono loro, le priorità le stabiliscono loro, il paese lo guidano loro, esattamente come la ragazza con le tette al vento e i capelli in ordine (sì, in ordine) guida il popolo nel dipinto di Delacroix che viene insegnato in tutte le scuole occidentali, parlandone da vive, cioè da aperte. Si va a scuola e si va dal parrucchiere, che al Covid piaccia o no, perché a casa ci devono stare gli adulti, in questa tetra congiuntura, e il campo ha da essere libero di modo che si possa lavorare senza doversi prendere anche cura dei ragazzini, cosa che è completamente a carico delle signore e non veniteci a dire di no, non è un fatto di buona o cattiva volontà dei signori, è un fatto di natura (o di chi ne fa le veci): l’infante, recluso o no, predilige chi porta le zizze, non chi porta i pantaloni, pertanto il paese che tiene aperte le scuole in pandemia è un paese che bada all’istruzione, ai bambini, al futuro e soprattutto bada alle donne.

 

Le francesi non si spettinano mai, non hanno problemi di crespo, la sola crespa è Isabelle Huppert, una che sarebbe impeccabile persino con i rasta in testa, e, nonostante questa loro genetica invidiabile, dal parrucchiere ci vanno lo stesso, regine della necessità del superfluo. Madri magnifiche di figli educatissimi, disciplinati, scolarizzati e pettinatissimi, in salute e in pandemia. Una giornalista newyorchese, Pamela Druckerman, ha scritto un libro su di loro, Il metodo maman, per spiegare una cosa che basta fare una passeggiata in un posto qualsiasi della Francia per notare e cioè che le mamme francesi lasciano i figli in pace, se li vedono correre vicino a un burrone non chiamano la polizia e se li trovano a fumare si fanno un tiro guardandoli con commiserazione. Le mamme francesi, prima di ogni cosa, mettono in chiaro un principio molto sano che le mediterranee nemmeno con il femminismo di settima ondata riusciranno a sancire e cioè che il fatto che sono tua madre non significa che vivo per te, di te, con te, non significa che per i primi sette anni della tua vita circolerò sporca di succo di frutta e litigherò con le mie amiche dicendo loro che non possono capire cosa significa essere genitore. Le mamme francesi, in sostanza, non ritengono che i figli siano bisognosi di guida, bussola, preghiere, pronto soccorso: li civilizzano, fine. E le restanti signore, le non madri, insomma le francesi tutte? Sono le uniche al mondo che al #metoo hanno risposto con una lettera nella quale si dicevano preoccupate dall’estinzione della seduzione e, mesi dopo, ciò stante, hanno fatto emanare una legge che sanziona i disturbatori di ragazze per strada: 750 euro di multa per un fischio. “La gloria, per una donna, è il lutto accecante della felicità”, ha scritto una francese che è tutte le donne del mondo e si chiama Annie Ernaux. Prendiamo appunti.

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  • Simonetta Sciandivasci
  • Simonetta Sciandivasci è nata a Tricarico nel 1985. Cresciuta tra Ferrandina e Matera, ora vive a Roma. Scrive sul Foglio e per la tivù. È redattrice di Nuovi Argomenti. Libri, due. Dopodomani, tre.