Sputnik e dimissioni
In Slovacchia il vaccino russo ha provocato uno sconquasso politico
Matovic è il leader di un governo nato in pandemia che ha al suo interno molte sfaccettature politiche
Il premier slovacco ha voluto importare Sputnik V e ora il governo chiede la sue dimissioni perché non avrebbe dovuto discostarsi dall'approccio europeo. Pregiudizi e realtà di una crisi gestita male
Roma. La Slovacchia, dopo l’Ungheria, è stata la seconda nazione europea ad approvare il vaccino russo Sputnik V. Il primo lotto è arrivato a Bratislava a inizio marzo, creando dissidi dentro al governo del primo ministro Igor Matovic. L’accusa che viene mossa al premier è quella di aver agito in modo unilaterale, senza coinvolgere tutte le parti della maggioranza e soprattutto senza aspettare il parere dell’Unione europea. Matovic è il leader di Olano, un partito populista che guida una coalizione che ha al suo interno l’estrema destra, i liberali di destra e un partito di centro, anime politiche che fanno fatica ad andare d’accordo. Questo governo che si regge a stento dai suoi inizi, è nato proprio durante la pandemia, fu il primo giuramento europeo in mascherina: il primo segno di una nuova vita politica. Il governo slovacco non ha conosciuto altre realtà se non quella dell’emergenza sanitaria che, a detta di molti e a guardare i dati, ha gestito molto male. La Slovacchia, in rapporto agli abitanti, è il paese che ha il numero di morti più alto in Europa e i dissidi all’interno della maggioranza non hanno aiutato a gestire meglio la situazione. Matovic aveva anche individuato una strada importante: era stato il primo a organizzare una campagna di test antigenici che coinvolgesse tutta la popolazione. Molti leader europei lo avevano contattato per farsi spiegare la sua idea e l’organizzazione di una campagna di tracciamento capillare, ma mentre gli slovacchi si facevano il tampone, il premier si era dimenticato di tutte le altre misure di protezione: mascherine, distanziamento, chiusure.
Matovic pensava che l’arrivo delle dosi di Sputnik V sarebbe servito a placare il suo governo, che invece ha contestato la scelta perché non è stata presa assieme a tutta la maggioranza e perché si è discostata dall’approccio europea che Bratislava aveva deciso di seguire. Il premier ha offerto le sue dimissioni, ma a delle condizioni molto stringenti: vuole che un posto per lui all’interno del governo venga mantenuto e che assieme a lui venga costretto a dimettersi anche il ministro dell’Economia e vicepremier Richard Sulík, che il premier ha definito in pubblico “un idiota”.
Quella slovacca non è certo una maggioranza coesa, ma la decisione di importare lo Sputnik ha aiutato a far precipitare le cose, sottolineando quanto il vaccino russo abbia un valore geopolitico forte che ha complicato le cose anche per i ricercatori di Mosca, che faticano a rivendicare l’efficacia del vaccino. L’Ema ha iniziato la rolling review del vaccino russo, e anche altri governi, incluso quello tedesco di Angela Merkel, hanno detto che non procederanno all’ordine fino a quando non ci sarà un parere positivo da parte dell’Agenzia per i medicinali. Anche il commissario Thierry Breton, a capo della task force dell’Ue per la produzione dei vaccini, ha detto che l’Unione non ha bisogno dello Sputnik, che i contratti già stipulati con le case farmaceutiche e i quattro vaccini già approvati sono sufficienti e inoltre, ha aggiunto Breton, “i russi fanno fatica a fabbricare” lo Sputnik e nel caso in cui avranno bisogno dell’aiuto dell’Ue, verrà presa una decisione nel secondo semestre. L’account Twitter dello Sputnik ha reagito molto male alle parole del commissario francese e ha parlato di pregiudizi: “I suoi commenti spingono Sputnik a non passare per l’approvazione dell’Ema”.
In parte, il pregiudizio che denunciano i russi è reale, ma a dare un forte valore propagandistico al vaccino è stata proprio Mosca. Per questo adottarlo ha delle conseguenze politiche, come sta accadendo in Slovacchia, dove i partiti che sostengono Olano, il partito del premier, hanno dato a Matovic tempo fino a mercoledì: o si dimette, o saranno loro a lasciare la maggioranza.