L'India era il motore mondiale dei vaccini e ora si ferma
Il governo indiano ordina la sospensione dell'esportazione di decine di milioni di dosi di AstraZeneca, per far fronte all'emergenza interna. "India first" mette nei guai molti paesi
L’India è il motore della produzione mondiale di vaccini, soprattutto AstraZeneca, ma due giorni fa il governo indiano ha deciso di bloccare le esportazioni “almeno fino alla fine di aprile” e potrebbe essere soltanto un modo per prendere tempo prima di annunciare un blocco più lungo. Le conseguenze sono serie perché il Serum Institute of India (Sii), un’azienda privata che produce quasi due milioni e mezzo di dosi al giorno di AstraZeneca e prende ordini diretti dal governo, è il più grande produttore di vaccini al mondo. Dall’inizio dell’anno stava funzionando come puntello dei piani vaccinali di molti governi. Finora aveva prodotto circa centottanta milioni di dosi di vaccini e di queste ne aveva esportate sessanta milioni, quasi un terzo, verso settantasei paesi acquirenti come l’Arabia Saudita, il Brasile e il Marocco – e anche verso l’Europa. Adesso quella copertura viene meno. La miracolosa campagna di vaccinazioni di massa nel Regno Unito – che a oggi non ha esportato nemmeno una singola dose di vaccino – si basa anche sui vaccini indiani e però a marzo gli inglesi si aspettavano una consegna di dieci milioni di dosi e ne sono arrivate soltanto cinque, perché l’India aveva già cominciato a frenare i rifornimenti. Ad aprile non arriverà nemmeno una dose e questo succede a metà del piano vaccinale, che per disegno deliberato ha dato la prima dose al maggior numero possibile di britannici e ha scommesso di avere entro tre mesi abbastanza altri vaccini per somministrare il richiamo a tutti. Non è soltanto un problema britannico: ci sono cento milioni di dosi di AstraZeneca che dovevano arrivare sul mercato e non sono arrivate. I problemi negli impianti di AstraZeneca in Europa hanno reso le forniture indiane ancora più importanti.
L’India blocca le esportazioni perché le cose vanno male. La curva del contagio sta salendo rapidamente. Mercoledì c’è stato il record di nuovi positivi, cinquantamila, e sono morte quasi trecento persone. Soltanto il quattro per cento degli indiani per ora è stato vaccinato, una percentuale che è troppo lontana da quella di altri paesi come gli Stati Uniti e il Regno Unito. Una fonte del ministero degli Esteri dice alla rete inglese Bbc che da adesso conterà “la precedenza nazionale”. India first, i vaccini indiani andranno agli indiani. Per questo, come si diceva all’inizio, l’idea che il blocco duri soltanto per un mese è molto ottimistica, il numero di indiani da vaccinare è enorme e può assorbire la produzione del Serum Institute per molto tempo. L’azienda indiana riesce a produrre circa sessanta milioni di vaccini al mese, al massimo settanta milioni, e il governo prevede di somministrare seicento milioni di dosi nei prossimi sette mesi: sono circa ottantacinque milioni al mese.
Inoltre un divieto di esportazione da parte del governo americano di materie prime che servono alla produzione di vaccini ha generato una condizione di scarsità per tutti e minaccia la continuità della produzione indiana. E’ un problema circolare. Gli Stati Uniti non permettono l’esportazione delle materie prime destinate ai produttori di vaccini, l’India blocca l’esportazione di vaccini, i tempi di attesa nei paesi che non sono in grado di produrre vaccini si allungano. Il governo indiano ha di recente firmato un accordo con Stati Uniti, Giappone e Australia per produrre vaccini da distribuire e non lasciare l’iniziativa alla Cina, che usa i vaccini come strumento di influenza e diplomazia aggressiva. Ma è un accordo che riguarda la fine del 2022 e quindi è molto lontano nel tempo.