Il premier britannico Boris Johnson e Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea (LaPresse)Boris Jo

Il revanscismo non funziona

Global Europe contro il protezionismo vaccinale

David Carretta

Senza Ue, Boris Johnson e Bibi Netanyahu si scordavano la loro supercampagna di vaccini

“Il revanscismo” tra Unione europea e Regno Unito “non porta da nessuna parte” e “l’interesse di tutti è trovare un accordo”, ha detto ieri il presidente del Consiglio, Mario Draghi, mentre in Europa si fanno sentire sempre più voci per chiedere divieti di esportazione per garantire l’approvvigionamento immediato di dosi al Vecchio continente. Dal primo dicembre 2020 sul territorio dell’Ue sono state prodotte 165 milioni di dosi, di cui quasi la metà – 77 milioni – è stata esportata in paesi terzi. Se l’Europa avesse fatto come gli Stati Uniti o il Regno Unito, bloccando tutte le esportazioni con un decreto o un contratto, non ci sarebbero stati problemi di approvvigionamento. Un articolo del Trattato – il 122, introdotto dopo la crisi petrolifera degli anni 1970 – consente di adottare “misure adeguate” in caso di “gravi difficoltà nell’approvvigionamento di determinati prodotti”.

 

Ma dalla pandemia “non è che ne usciamo con i blocchi. Ne usciamo con la produzione dei vaccini”, ha spiegato Draghi. “Se si bloccano le esportazioni verso gli Stati Uniti, in quel caso si interrompe la catena del valore, ma si interrompe anche la produzione dei vaccini”, ha avvertito Draghi. Sta tutta in questa frase la dottrina dell’Ue contro il protezionismo sui vaccini. La situazione attuale è lungi dall’essere ottimale sul mercato mondiale, in particolare per l’America first prima dell’Amministrazione Trump e ora di quella Biden. Ma lanciare l’Ue in una guerra dei vaccini porterebbe a rappresaglie sugli ingredienti per produrli, le bottigliette dove infialarli o le siringhe per somministrarli. Tuttavia ci sono anche ragioni economiche e geopolitiche nella scelta dell’Ue. L’Europa rimane un continente aperto, dove le società farmaceutiche possono investire, senza il timore (se si comportano correttamente) di subire decisioni politiche. L’Europa sta diventando così il primo produttore al mondo di vaccini, cosa che le permetterà di avere una posizione di vantaggio se il Covid-19 diventerà endemico.

 

L’Europa è il primo esportatore al mondo, in particolare di vaccini di nuova generazione mRna, destinati a rivoluzionare la medicina. I successi di Regno Unito e Israele non sarebbero stati possibili senza la dottrina dell’Ue contro il protezionismo sui vaccini. I numeri raccontano una storia molto diversa dalla percezione comune sulla campagna di Boris Johnson: su 32 milioni di dosi somministrate, 21 milioni sono state importate dall’Ue. AstraZeneca avrebbe dovuto produrre 80 milioni di dosi nel Regno Unito e invece a inizio marzo ha annunciato un taglio delle forniture che costringerà a un rallentamento della campagna. Il governo Johnson ha chiesto invano all’indiana Serum di compensare. Ora spera in un “deal” con l’Ue per recuperare qualche milione di vaccini di AstraZeneca ed evitare il rischio che sia bloccata Pfizer-BioNTech. Altrimenti a fine aprile la campagna di vaccinazione potrebbe subire un brusco arresto: il contratto britannico con la società anglo-svedese può essere di esclusiva, ma non serve a nulla se non c’è produzione sufficiente.

 

Con Israele le cose sono andate diversamente, ma non più di tanto. Dopo la firma del suo contratto con Pfizer-BioNTech, l’Ue avrebbe potuto usare l’articolo 122 del Trattato: le 8 milioni di dosi ordinate dal governo israeliano a novembre, e che sono state prodotte nello stabilimento belga di Puurs, non sarebbero mai arrivate. Da Hong Kong al Canada, ma anche Covax per i paesi poveri, hanno potuto acquistare da Pfizer-BioNTech grazie all’aumento delle capacità produttive degli stabilimenti di Puurs e Marburg. Se la multinazionale americana ha investito in Europa è perché sa di poter contare su uno spazio economico che rispetta le regole del libero mercato. Invece di continuare il piagnisteo su quanto sono stati bravi Regno Unito e Israele con le dosi prodotte da altri, l’Unione europea dovrebbe imparare a fare ciò su cui Russia e Cina sono imbattibili: far conoscere al mondo quanto è essenziale per uscire insieme dalla pandemia.

 

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