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Il caro Putin ci spia

Daniele Raineri

Perché le informazioni passate dalla talpa italiana ai servizi segreti della Russia potrebbero non essere cruciali. I russi hanno trovato una spia cedevole, ma forse era ancora nella fase degli "assaggi"

Di che natura sono i documenti Nato che la talpa allo Stato maggiore della Difesa passava all’intelligence russa? Erano informazioni decisive? Sappiamo che il capitano di fregata Walter Biot faceva la foto dello schermo del computer e poi riversava le immagini su una chiavetta che poi consegnava al suo agente di contatto in cambio di denaro. Se scattava le foto con la funzione che c’è in ogni computer per scattare istantanee dello schermo e poi le riversava per via diretta in una chiavetta inserita nella porta Usb allora vuol dire che non stava lavorando in un ambiente molto sicuro – il tipo di ambiente dove circolano informazioni decisive. La funzione “scatta una fotografia dello schermo” può essere disabilitata e così anche le porte Usb. Se poteva fare quelle cose non stava maneggiando materiale segreto (almeno: si spera). Forse allora faceva le foto con il telefono, ma di nuovo: se poteva portare il telefono con sé al lavoro vuol dire che non stava maneggiando materiale super importante. Inoltre chiunque decida di vendere informazioni militari ai russi sa di non poter usare il telefono.

 

C’è poi da considerare la somma di denaro consegnata dai russi alla spia italiana, che non è molto alta, cinquemila euro più altri quattromila per un lavoro precedente. I rapporti fra le talpe e i loro agenti di contatto possono durare molti anni e passano per una fase di reciproco “assaggio”, nella quale si costruisce la fiducia e si pongono le basi per scambi più sostanziosi. Forse Biot voleva provare di avere accesso a materiale interessante, forse i russi volevano poter valutare la qualità delle sue informazioni, forse entrambe le cose. Potrebbe essere che Biot fosse ancora nella fase iniziale del suo rapporto con i servizi segreti russi, che comunque avevano interesse a coltivarlo perché una volta che riesci a piazzare qualcuno dentro lo Stato Maggiore della Difesa poi puoi sperare in informazioni di crescente importanza. L’ufficiale italiano lavorava nell’ufficio Politica, che si occupa della politica militare fra i vari paesi, quindi in teoria non aveva accesso a materiale segretissimo. Stava facendo una cosa grave, ma che potrebbe essere meno dannosa di quel che si teme. A questo punto della storia non è possibile fare altre congetture ed è necessario aspettare nuove informazioni, se e quando arriveranno.

 

Nella Guerra fredda c’era un vecchio schema che i reclutatori di spie mandavano a memoria e riguarda le motivazioni di chi decide di collaborare con un’intelligence straniera: Mice, che sta per Money, ideology, coercion and ego (e vuol dire anche “topi”). Per soldi, per ideologia, per costrizione o per ego, sono i quattro motivi che rendono una persona vulnerabile e sui quali un reclutatore può fare leva. Se i russi hanno individuato in Biot un soggetto pronto a cedere è perché conoscono una sua debolezza, che può essere qualsiasi cosa: un improvviso bisogno di denaro per debiti famigliari, per una malattia o per altro. Spesso non si riesce a reclutare chi si vorrebbe nel posto che più interessa, ma chi è pronto a capitolare. Gli agenti dell’Aisi, il servizio segreto che si occupa di quello che succede dentro i confini nazionali, tenevano d’occhio i contatti fra Biot e il suo reclutatore russo, un militare che lavorava all’ambasciata a Roma e quindi ha la copertura diplomatica, e hanno fatto scattare il blitz dei Carabinieri. I due uomini erano in un parcheggio di Roma sud, l’italiano portava la chiavetta Usb e il russo il denaro in piccole scatole. 

 

Il governo italiano ha fatto l’unica cosa che poteva fare: ha espulso due diplomatici russi, incluso il reclutatore. Di meno non poteva (i russi, come vuole il rito, faranno lo stesso). Ne aveva espulsi altri due nel marzo 2018, quando i servizi russi avevano avvelenato il disertore Sergei Skripal con un agente nervino: era stata un’azione coordinata con gli altri paesi occidentali per un totale di cento espulsioni. Il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ha annunciato misura e ha parlato di “vicenda gravissima”. Chissà che questo capitolo, che non è affatto isolato e s’inserisce in una  campagna dell’intelligence russa in Italia, non faccia aprire gli occhi a chi guarda al governo di Vladimir Putin come a un modello.

 

Il governo russo ha dichiarato di sperare che l’arresto della spia arruolata dai suo agenti non rovini la relazione con l’Italia. Ieri in tutte le dichiarazioni che arrivavano dalla parte russa era fatto pesare questo elemento: le relazioni con la Russia vanno salvaguardate a prescindere perché sono troppo importanti. E’ vero, ma dall’avvelenamento dell’oppositore Alexei Navalny all’annessione della Crimea al tentato omicidio contro Skripal alla pressione indebita per produrre il vaccino Sputnik all’intervento in Libia contro i nostri interessi nazionali fino al reclutamento di un ufficiale italiano dentro lo Stato maggiore della Difesa e molto altro c’è da chiedersi se questo automatismo, “le relazioni vanno protette a ogni costo”, senza nulla in cambio varrà per sempre. 

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)