In America

J&J ha guai di produzione in America ma finora l'Ue è andata in aiuto

Uno stabilimento a Baltimora deve gettare via 15 milioni di dosi a causa di un errore. Non ci sarà un ritardo immediato perché le dosi che oggi vengono distribuite sono state prodotte in Olanda. Ma i problemi ci saranno e Biden è preoccupato

Paola Peduzzi

Johnson & Johnson ha consegnato le 20 milioni di dosi previste entro marzo, ma sulle 100 milioni di dosi attese entro la fine di giugno c’è molta incertezza

Allo stabilimento di Emergent Biosolutions a Baltimora, nel Maryland, c’è stato un errore umano: alcune settimane fa, dei dipendenti hanno mescolato in modo involontario gli ingredienti del vaccino Johnson & Johnson e di quello AstraZeneca. Il lotto è stato bloccato perché non ha superato l’esame di qualità e così sono andati perduti –  dicono fonti di stampa americane –  15 milioni di dosi Johnson & Johnson. Il danno di immagine, con tutto quel che ne consegue sulla percezione della sicurezza dei vaccini che come sappiamo ha ripercussioni molto grandi sulle campagne di vaccinazioni in corso in tutto il mondo (il caso AstraZeneca in Europa e soprattutto in Germania ne è l’esempio), è ancora difficilmente calcolabile, ma c’è un dato importante in questa notizia non  rassicurante. Il New York Times scrive che questo errore “non impatta sulle dosi Johnson & Johnson che sono ora in consegna a livello nazionale”, cioè in America: “Tutte queste dosi sono state prodotte nei Paesi Bassi, dove le operazioni produttive sono state approvate dalle agenzie federali”. Ancora una volta, la forza delle campagne di vaccinazioni di paesi che continuiamo a guardare con sospiri e invidia dipende dall’export dell’Unione europea. Poi certo, d’ora in avanti i problemi in America potrebbero esserci: quanto a tormenti, Johnson & Johnson è per l’America quel che AstraZeneca è per noi europei.

 

In Europa il vaccino Johnson & Johnson sarà distribuito dalla seconda metà di aprile: in Lazio, ha annunciato Nicola Zingaretti, si inizia dal 20 e il vaccino sarà somministrato ai 55-60enni. L’Unione europea ha ordinato 200 milioni di dosi di Johnson & Johnson, che è stato approvato dall’Ema l’11 marzo. Fonti dell’Ue ci confermano che “non ci sono al momento informazioni di alcun ritardo nelle consegne rispetto alle scadenze previste”, che prevedono il grosso delle consegne a giugno. La Commissione ha detto che entro la settimana saranno  distribuite 107 milioni di dosi, poco sopra all’obiettivo fissato per il primo trimestre che era pari a 106 milioni. Pfizer-BioNTech ha superato gli obiettivi di fornitura con 67,5 milioni di dosi e così ha compensato il problema AstraZeneca che non riguarda l’efficacia del vaccino (lo ha ribadito anche l’Ema, nonostante la sospensione agli under 60 della Germania che questa volta non ha avuto  seguito in Europa), quanto l’inaffidabilità del management: nell’accordo anticipato, AstraZeneca aveva garantito la fornitura di 120 milioni di dosi, poi a dicembre ha rivisto al ribasso il numero ponendolo a 80 milioni di dosi. Da lì è stata un’altalena al ribasso, e così per la fine di marzo l’azienda ha garantito 30 milioni di dosi, un quarto  dell’accordo iniziale.

 

Con Johnson & Johnson le aspettative sono alte non soltanto perché per ora si escludono ritardi, ma anche perché prevede un’unica dose di somministrazione, e questo velocizza le campagne di vaccinazione, che non sono state scattanti (eufemismo) solo in piccola parte a causa delle consegne mancate di AstraZeneca. In America invece Johnson & Johnson è già una materia politica delicata e la dimostrazione che le difficoltà di produzione ce le hanno quasi tutti. Così come Joe Biden non ha cambiato l’“America first” sull’accesso ai vaccini stabilita da Donald Trump a fine mandato (è il motivo per cui noi riforniamo gli americani di Johnson & Johnson e da loro non prendiamo nemmeno una fiala di AstraZeneca, pure se in America questo vaccino non è ancora stato approvato), così Biden ha finito l’accordo iniziato da Trump per la produzione del vaccino Johnson & Johnson. L’anno scorso, l’ex presidente aveva siglato un contratto da un miliardo di dollari per fornire 87 milioni di dosi entro il maggio di quest’anno. Ma poi l’azienda ha iniziato ad avere problemi e ha ridotto gli obiettivi di consegna e così i funzionari dell’Amministrazione Trump hanno iniziato a fare pressioni su Merck, che è il secondo produttore di vaccini in America ma che non è riuscito a portare a termine il suo vaccino anti Covid. Trump voleva che Merck aiutasse nella produzione i suoi principali concorrenti, Pfizer e Johnson & Johnson, ma per qualche settimana Merck non ne ha voluto sapere. Fonti dell’Amministrazione Trump hanno raccontato che un incontro del 4 gennaio scorso si è rivelato decisivo per far cambiare idea a Merck che poco dopo ha annunciato di voler mettere a disposizione i propri stabilimenti per la produzione di altri vaccini (con compenso dello stato): non disse quali “altri”. Ed è qui che è entrata in gioco l’Amministrazione Biden che ha chiamato i vertici di Johnson & Johnson dicendo: il ritardo è inaccettabile, e poi hanno chiesto a Merck di intervenire a sostegno di quello specifico concorrente. Quando a inizio marzo l’Amministrazione Biden ha annunciato l’accordo collegandolo allo sforzo bellico dei tempi di Roosevelt, i trumpiani e lo stesso Trump hanno preso a dire: i bideniani si prendono meriti non loro, senza di noi questa campagna vaccinale di successo non ci sarebbe stata. Cosa che in buona parte è vera.


Per questo l’errore a Baltimora preoccupa molto la Casa Bianca: Johnson & Johnson ha consegnato le 20 milioni di dosi previste entro marzo, ma sulle 100 milioni di dosi attese entro la fine di giugno c’è molta incertezza. Ieri è emerso che anche uno stabilimento Merck non avrebbe superato i controlli di qualità (sembra che molti dipendenti non si togliessero il camice prima di andare in bagno o in locali non igienizzati): secondo la Food and Drug Administration, i manager di questo stabilimento a Durham, in North Carolina, avrebbero anche cercato di cancellare le prove. Secondo alcuni media, l’Amministrazione Biden è a conoscenza di questi problemi da almeno due settimane e sta già correndo ai ripari. Ma c’è chi già dice che con il caos di Johnson & Johnson si inceppa la prodigiosa macchina di vaccinazione americana.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi