L'incontro di Budapest ha il primo punto debole: la Polonia

Ai polacchi una nuova famiglia europea non conviene, è un'opzione rischiosa che divide il PiS. Morawiecki non è pronto a rinunciare al suo ruolo dominante tra i conservatori e guardando Orbán gli ricorda la centralità della Nato

Micol Flammini

Tutti fanno  calcoli in Europa, dal Ppe ai polacchi, ai quali spetta, probabilmente, la decisione definitiva. La soluzione ottimale e le divisioni grandi di cui si tace

Roma. Sono giorni trascorsi a fare calcoli,  accorciare le distanze e misurare il proprio peso specifico all’interno delle dinamiche europee. L’idea di Viktor Orbán di invitare a Budapest il leader della Lega, Matteo Salvini, e il premier polacco, Mateusz Morawiecki, è servita a dare all’Unione europea un segnale: le estreme destre ci sono, si stanno riorganizzando, cercano punti in comune e, ancora una volta, sono pronte a mettersi al lavoro. Non è il primo tentativo di federare i partiti nazionalisti d’Europa – che sono distribuiti tra Identità e democrazia e i Conservatori e riformisti – prima delle elezioni europee del 2019, Salvini ci aveva già provato, ed è almeno da due decenni che l’idea viene proposta e riproposta. Senza mai arrivare a un risultato concreto: “Sono tante le divisioni, è difficile conciliare i programmi di questi partiti, e soprattutto nei due gruppi spesso si trovano partiti che sono rivali sulla scena nazionale”, dice al Foglio Daniel Hegedüs, analista del German Marshall Fund. Questa volta c’è un elemento di diversità: Orbán è uscito dal Partito popolare europeo, cerca casa e nuovi alleati. L’incontro di ieri ha prodotto degli annunci su una nuova idea d’Europa –  Salvini l’ha chiamata Rinascimento europeo    e lo slogan  (arci  macroniano)   è piaciuto molto ai due premier – sulla cooperazione durante la pandemia e i valori occidentali, cristiani e della famiglia. Hanno confermato l’idea di creare una piattaforma comune, che includa  nuovi partiti, il prossimo incontro sarà a maggio. 

Le destre estreme federate potrebbero diventare il secondo gruppo al Parlamento europeo, ma le dinamiche non cambierebbero granché. Il Ppe rimarrebbe il primo partito e sono soprattutto socialisti e liberali a temere un declassamento, che sarebbe più una questione di prestigio che di equilibrio.  La  preoccupazione principale riguarda le  prossime europee, nel 2024, quando un gruppo unico di nazionalisti potrebbe costituire un vero fronte di opposizione contro la democrazia europea. Ma il 2024 è lontano, il gruppo non è ancora formato, e per ora in tutta l’Ue chi si affanna più di tutti a fare i calcoli e a ponderare una possibile nuova offerta sono i polacchi del PiS. E’ a Varsavia che verrà presa l’ultima decisione riguardo a questa nuova possibile alleanza, è Varsavia che ha più da perdere, è Varsavia che dovrà essere disposta a cedere molto e ad affrontare delle ripercussioni anche di politica interna. “Per Orbán e anche per Salvini l’importante è mostrare che loro possono modellare la politica europea, che possono influenzarne le dinamiche. Per i polacchi è più complicato e sancire una cooperazione ufficiale con la Lega è rischioso”, dice Hegedüs. Ieri Morawicki ha citato i legami tra Polonia e Italia  –   a partire dall’inno – ma     ci sono temi che dividono i partiti, come le relazioni con la Russia. Il PiS la pensa in modo molto diverso da Lega e Fidesz, è un argomento molto sensibile in politica interna, sarebbe difficile per il PiS spiegare all’elettorato la sua unione con due partiti filorussi, tanto più che l’opposizione, antirussa tanto quanto il governo, ha già iniziato ad attaccare il partito di Morawiecki e Kaczynski. Anche la Cina è un argomento divisivo, pure se meno rilevante   a livello interno, ma Fidesz ormai ha assunto una posizione apertamente pro Pechino che né la Lega né il PiS condividono. 

 

In conferenza stampa Morawiecki ha sottolineato l’importanza della Nato per la “nostra sicurezza”, l’ha detto guardando soprattutto Orbán.  “La visione internazionale non è l’unico elefante nella stanza, per i polacchi, una nuova unione comporterebbe la perdita della leadership, è il partito dominante dentro a Ecr, che non sarà il partito più importante nel Parlamento europeo, ma loro lì dentro sono i più forti”, dice Hegedüs. La Lega con i suoi ventisette eurodeputati supererebbe i venticinque del PiS. 

 

La linea di Kaczynski è quella di aspettare, valutare le migliori opzioni, ma prediligere  il contesto nazionale rispetto a quello internazionale, per il momento. L’incontro di Budapest ha aggiunto un elemento di divisione in più  all’interno del  partito che da alcuni mesi lotta per trovare compromessi per mantenere viva la coalizione con cui governa la Polonia dal 2015. A dividere non sono soltanto la questione russa, o quella dell’eventuale perdita di leadership dentro a Ecr, ma c’è anche un argomento tutto italiano: Matteo Salvini o Giorgia Meloni, con chi siamo più forti?, si chiedono dentro al PiS. La leader di Fratelli d’Italia è stata interpellata dal partito polacco prima dell’incontro di ieri, ma tra gli uomini di Kaczynski c’è chi crede che la Lega sia un partito più stabile. Secondo Hegedüs, “ci sono due  argomenti che potrebbero  spingere i polacchi a prendere in considerazione una cooperazione più stretta con Lega e Fidesz.  Il primo è che da quando i Tory inglesi sono usciti dal Parlamento europeo, Ecr si è spopolato ed è meno influente. I polacchi sentono una specie di isolamento europeo, vorrebbero che i conservatori si arricchissero di nuovi partiti soprattutto di paesi dell’ovest e del sud. E hanno bisogno di alleati che li proteggano da future sanzioni da parte dell’Ue, non sanno chi potrebbe proteggerli meglio se Salvini o Meloni”. E’ una scommessa sul futuro e sulle prossime elezioni italiane. 

 

Nel PiS c’è anche chi si è arrabbiato con Orbán per non aver discusso l’incontro prima con gli alleati polacchi, con i  quali condivide non soltanto dei valori, che lo accomunano anche alla Lega e ieri sono stati ben ribaditi, ma PiS e Fidesz sono due partiti che nelle dinamiche europee hanno un bisogno vitale l’uno dell’altro, soprattutto per bloccare le misure di infrazione. “Il bisogno esistenziale è talmente forte, spiega Hegedüs, che all’inizio del 2015 sapendo che la questione russa sarebbe stata un argomento divisivo, è stata accantonata”, sanno che la pensano diversamente, ma non ne parlano.

Il PiS ha una sua soluzione ideale, dopo questo studio ravvicinato tra destre europee: mantenere lo status quo, due gruppi distinti che però  si coordinino, si parlino sulla base di una nuova piattaforma di cooperazione. 
 

  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)