Conte e la videosorveglianza cinese a Palazzo Chigi

Che ci fanno le telecamere di una controversa società cinese all'ingresso del palazzo del governo?

Giulia Pompili

A settembre del 2020 l'allora premier ha scelto la cinese Dahua per istallare diciannove termoscanner nel palazzo del governo. Eppure quell'azienda è proibita negli Stati Uniti, e guardata con sospetto un po' da tutti

Il 30 settembre 2020, cioè in pieno governo Conte II, la Dahua Technology, la branca italiana di una delle più grandi società cinese di prodotti tech e di videosorveglianza, annuncia con un comunicato stampa di aver iniziato la videosorveglianza di un pezzo molto importante del nostro sistema democratico: Palazzo Chigi.

 

Con tanto di titolo “La sicurezza Governa”, Dahua fa sapere di aver messo a disposizione “delle alte cariche pubbliche e dei lavoratori di Palazzo Chigi, e delle altre strutture facenti capo alla Pcm e al Segretariato generale” ben diciannove termoscanner, che rilevano la temperatura di “ministri della Repubblica, funzionari, personale e visitatori in modo rapido, preciso e senza alcun contatto, rilevando chi non indossa la mascherina e subordinando l’accesso al rispetto delle soglie configurate”.

 

Una delle foto presenti sul sito di Dahua

 

Non solo: questi diciannove terminali distribuiti in tutti gli ingressi del nostro palazzo di governo offrono anche “la funzione di riconoscimento facciale – con la possibilità di registrare i volti in liste Vip”. In pratica, chi entra a Palazzo Chigi deve guardare dentro a uno schermo che riconosce il suo volto – e rileva anche la temperatura. 

 

La Zhejiang Dahua Technology, società di Hangzhou quotata alla Borsa di Shenzhen, è una specie di colosso della videosorveglianza. Ha già da tempo diversi contratti con istituzioni ed enti italiani: dai Musei vaticani al Festival del cinema di Venezia, per citare i due menzionati anche dal loro comunicato stampa. Ma ci sono anche diversi supermercati e luoghi pubblici sorvegliati grazie alla sua tecnologia. Il salto di qualità in Italia è stato fatto nel 2018, quando è stata creata la filiale italiana Dahua Technology Italy con a capo il manager Pasquale Totaro.

 

Il problema è che la società già da tempo è bandita negli Stati Uniti ed è sotto osservazione in numerosi paesi europei per via di diverse vicende. Tutto ha inizio nel 2017, quando una società di cybersecurity trova una backdoor nelle telecamere Dahua. La backdoor mandava dati a un “ignoto indirizzo IP in Cina”. Questo dimostrava non solo la vulnerabilità delle telecamere ma anche un uso piuttosto ambiguo, se non inquietante. L'anno dopo il governo americano ha proibito l'uso delle telecamere Dahua nei palazzi di governo.

 

L'indagine sull'azienda è continuata. Nell'ottobre del 2019 la Dahua è stata messa nella lista nera americana per il suo ruolo nella videosorveglianza dello Xinjiang e delle minoranze etniche nella regione. Ci sono stati vari scandali successivi, per esempio quando Amazon ha acquistato quelle telecamere e quei termoscanner per i suoi stabilimenti. Più o meno nello stesso periodo in cui si installavano qui termoscanner a Palazzo Chigi, una società di cybersicurezza scopriva che nel software delle telecamere di Dahua c'era effettivamente un codice che serve a riconoscere automaticamente gli uiguri. Il codice poi è stato cancellato. Un'inchiesta pubblicata dal Los Angeles Times a inizio febbraio riportava che "il software di riconoscimento facciale sviluppato dalla cinese Dahua, uno dei maggiori produttori mondiali di tecnologia di videosorveglianza, rileva la razza degli individui ripresi dalla telecamera e avvisa la polizia quando identifica gli uiguri".

 

Alla luce di quanto emerso dalle ricerche sembra quantomeno azzardato che Palazzo Chigi, con Giuseppe Conte, abbia deciso di affidarsi alla Dahua per controllare il palazzo più importante che c'è. Le telecamere e i termoscanner di Palazzo Chigi sono stati l'oggetto di una interrogazione parlamentare proposta dal senatore della Lega Simone Bossi, presentata l'8 aprile, di cui si aspetta adesso la risposta scritta del governo. Interpellato dal Foglio, l'ufficio stampa di Palazzo Chigi non ha ancora risposto formalmente alla richiesta di informazioni sul contratto stipulato con Dahua.

 

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.