Le pagelle dello storico di Downing Street e i consigli al sottovalutato BoJo
Le avventure e gli intrighi di quasi tutti i primi ministri britannici dal Dopoguerra a oggi nel libro dello storico inglese. Due chiacchiere con Anthony Seldon
Due signori paffuti di mezza età stanno cenando a lume di candela a Downing Street, e restano colpiti da tutto ciò che hanno in comune. “Hai studiato a Eton, anche io!”, esclama uno. “Anche io pregavo nella College Chapel e mangiavo nella College Hall”, dice il suo commensale. “Io avevo un’amante che viveva con me, Maria. Aveva ventisei anni in meno di me. Tu?”. “Carrie, la mia fidanzata, è più giovane di ventiquattro anni”, gli risponde l’altro.
Questa conversazione immaginaria tra Robert Walpole e Boris Johnson, il primo premier britannico e quello di oggi, è l’incipit del libro “The Impossible Office?” di Anthony Seldon, lo “storico ufficiale” di Downing Street che racconta come (non) è cambiato questo incarico a trecento anni dalla sua creazione. “Questo dialogo mostra come la provenienza sociale del primo ministro sia rimasta essenzialmente immutata”, dice al Foglio lo storico. “Venti premier hanno frequentato Eton, la stragrande maggioranza ha studiato a Oxford e Cambridge. Penso che questo sistema sia intollerabile, e che dovrà cambiare in futuro”.
Seldon ha raccontato le avventure e gli intrighi di quasi ogni primo ministro britannico dal Dopoguerra, e ognuna di queste storie ha aggiunto un elemento ulteriore allo studio della materia. Lo storico ha derivato alcune regole che a suo dire determinano il successo di un primo ministro: l’incaricato non deve essere né troppo giovane né troppo anziano (l’età ideale si aggira tra i 50 e i 65 anni); deve avere maturato una lunga esperienza di governo; non deve rinnegare tutto ciò che ha fatto il suo predecessore; deve potere contare su alcuni consiglieri esperti che vogliono riformare, e non distruggere, il sistema. Seldon divide i 55 primi ministri britannici in cinque categorie, in base ai risultati ottenuti: ci sono i riformatori, che hanno cambiato per sempre il volto del paese, c’è chi ha dato un grande contributo, gli stabilizzatori positivi, i fallimenti nobili, i fallimenti ignobili e infine chi ha avuto troppo poco tempo per incidere.
Nelle pagelle di Seldon appena nove primi ministri hanno ottenuto il massimo dei voti; nel secondo Dopoguerra, ce l’hanno fatta solamente Clement Attlee (Labour) e Margaret Thatcher (Tory). Winston Churchill e Tony Blair, per dire, sono stati collocati nella seconda categoria; David Cameron e Gordon Brown nella terza; l’esperienza di governo di Theresa May è stata liquidata come un “fallimento nobile”. La Storia come giudicherà Boris Johnson? “Il premier ha molti dei requisiti necessari per diventare un leader innovativo e rivoluzionario, tra cui una larga maggioranza parlamentare, una lunga permanenza a Downing Street, alcune idee popolari, una crisi in cui dimostrare il proprio valore. Johnson è un personaggio inusuale. E’ un gran pensatore, quindi non dobbiamo sottovalutarlo”. Seldon riconosce i difetti del premier – la mancanza di gravitas, la scarsa dimestichezza con i dettagli tecnici – che hanno contribuito alla reazione avventata alla pandemia nel marzo 2020.
Per potere essere ammesso nell’Olimpo degli ex premier, Johnson dovrà trasformare in realtà le idee e gli slogan che vengono evocati nei suoi discorsi. “In sostanza, dovrà rendere la classe dirigente britannica lo specchio del paese reale”, dice Seldon rievocando il dialogo immaginario tra Walpole e Johnson. Il successo del suo governo dipenderà molto da come riuscirà a ridurre il divario tra nord e sud; creare nuove opportunità per le donne, le minoranze etniche e i figli della working class; trovare un’identità al paese dopo la Brexit; governare la trasformazione ecologista e anticipare le conseguenze dell’intelligenza artificiale sul mondo del lavoro.
Fare il primo ministro britannico è un lavoro “quasi impossibile” tanto che quasi tutti gli ex inquilini di Downing Street vengono estromessi da una congiura di palazzo (Thatcher, Blair, May), o sono costretti a lasciare dopo una sconfitta umiliante (Major, Brown, Cameron). Non è un caso che dopo avergli dato l’incarico di formare il governo, la Regina avrebbe detto a Boris Johnson “non capisco perché qualcuno vorrebbe fare questo lavoro”. La vita dell’ex primo ministro può sembrare appagante ma è in realtà piena di malinconia, come dimostrano le recenti disavventure di David Cameron. “Si diventa premier molto prima rispetto al passato, e di conseguenza ci sono molti più anni da riempire una volta lasciata la politica. Il problema è che questo incarico non ti dà la possibilità di fare altro, non ti permette di avere una seconda vita. Gli ex inquilini di Downing Street sono odiati dai loro compagni di partito, e spesso anche dagli elettori. Si trovano in una terra di nessuno; un purgatorio dantesco da cui è difficile uscire”.