Kanal Istanbul: così la Turchia dà scacco a Putin
Erdogan vuole un nuovo canale che potrebbe piacere a Washington ma non a Mosca
Il presidente Erdogan sta cercando di riparare le relazioni con gli Stati Uniti, evidenziando il ruolo prezioso che Ankara è disposta a svolgere come alleato Nato nella difesa del fianco sudorientale, dal Caucaso al medio oriente. Alcuni rapporti stilati dai servizi militari turchi rileverebbero l’esistenza di simulazioni di piani di intervento col supporto americano per sostenere l’Ucraina nella sua rivendicazione del Donbass e della Crimea. Il presidente turco è sempre stato molto pragmatico e per rimettere in piedi l’economia dissestata deve assolutamente rilanciare i rapporti con Washington. Il 10 aprile il leader turco si incontrava con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Istanbul. Nonostante il suo riavvicinamento a Mosca, Erdogan ha ripetutamente condannato l’annessione della Crimea e ha forgiato una cooperazione militare con l’Ucraina firmando una “Dichiarazione di intenti su progetti dell’industria della difesa” che ha creato molto scalpore al Cremlino. Infatti al centro della partnership turco-ucraina nel settore militare vi è una fornitura di droni turchi a guida laser Bayraktar TB2 dei quali Kiev produce i motori a turbina.
In seguito a una visita effettuata nel novembre scorso dal comandante dell’aeronautica turca a Kiev, i droni TB2 avrebbero iniziato a sorvolare il Donbass e nell’area vicino alla Crimea, allarmando molto la Russia che ora ha deciso di imporre, col pretesto del coronavirus, restrizioni sui voli verso la Turchia facendo intendere che potrebbe tornare contro Ankara la carta delle ritorsioni nei settori commerciali, nelle costruzioni, nelle esportazioni agricole e nel turismo. Un’ulteriore scossa nell’economia turca potrebbe influenzare negativamente i piani politici di Erdogan, combattuto tra la necessità di un ritorno a più stretti legami con Stati Uniti e con l’Ue mentre cerca di bilanciare la sua posizione con la Russia. Erdogan ha divergenze con Mosca su tutte le questioni regionali: dalla Siria al Caucaso e al Mar Nero, dal Mediterraneo orientale alla Libia e dunque si trova costretto a non poter abbandonare la Nato, come vorrebbe Mosca, né, come vorrebbe Washington, a uscire dalla Convenzione di Montreux, dal trattato del 1936 che obbliga la Turchia a limitare o vietare la navigazione attraverso gli Stretti dei Dardanelli e del Bosforo alle navi militari straniere durante la guerra, imponendo il limite di 15 mila tonnellate alle navi in transito in tempo di pace e a limitare la permanenza delle navi da guerra e dei sottomarini nel Mar Nero per più di 21 giorni.
La vera novità ora è che Erdogan ha messo in dubbio l’importanza del trattato di Montreux e ritiene che potrebbe essere superato quando sarà stata completata la costruzione di un canale artificiale parallelo al Bosforo (Kanal Istanbul), avvicinandosi così alla posizione americana che ha sempre spinto Ankara ad allentare le restrizioni al passaggio degli Stretti alle sue navi da guerra e ai suoi sottomarini. Washington vuole entrare nel Mar Nero col suo arsenale per contenere la Russia nella sua espansione e in questo Ankara, alleata Nato, è quanto mai preziosa. La Russia, invece non vuole che dopo la costruzione di Kanal Istanbul sia modificato il Trattato di Montreux. Per Mosca sarebbe un casus belli. La Turchia a gennaio ha assunto il comando della task force congiunta, creata nel 2014, per la difesa del fianco orientale della Nato in seguito all’annessione della Crimea da parte russa e nel frattempo gli Stati Uniti e i partner dell’Alleanza si stanno preparando per importanti esercitazioni militari nella regione del Mar Nero. Come nota il quotidiano russo, Nezavisimaya Gazeta: “Con la costruzione di Canale di Istanbul, la condizione degli Stretti tornerebbe a quella nel 1913“, quando, all’epoca, l’Impero Ottomano poteva, a sua discrezione, far entrare o meno una nave straniera nel Mar Nero.
Questo è stato uno dei motivi delle numerose guerre russo-turche.